2 aprile 2020

Verrà la morte e avrà i tuoi occhi
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Pronto … pronto, sono io.
Dove vuoi che sia? In casa, come tutti.

Sto bene. Si vedono i primi segni. Un po’ di pancetta. La barba lunga.
I rasoi usa e getta sono finiti e poi, a dirla tutta, non ho voglia di radermi. Sembrerò un eremita quando sarà finita.

Ah ah! Hai ragione. La barba è tutta bianca. Sembrerò Babbo Natale.

No, non mi tingo più i capelli. La ricrescita. La peluria sul mento, sulle labbra; i peli sulle gambe.
Non ho più la testa di farmi la ceretta! Sembrerò la Befana.

Non solo non ho voglia, ma ho finito tutto il necessaire; nell’astuccio non c’è più nulla.
Non avevo pensato a rifornirmene, prima che chiudessero le profumerie.

Ho le labbra screpolate.
Il rossetto? Figurati se ho voglia di truccarmi stando da sola!

No. Niente ombretto.
Sto così. Nature. Ma sì, chi se ne frega!

La roba da mangiare non manca. Ho partecipato all’assalto ai supermercati i primi giorni. Il ripostiglio è pieno di pasta, latte a lunga conservazione, biscotti, sughi pronti, conserva di pomodoro, scatolette di tonno, di carne; bottiglie di olio.
Basterebbero per una famiglia numerosa. Posso resistere mesi senza uscire.

Non esco. Preferisco non muovermi.

Si vedono i primi segni. Stanchezza muscolare, anche psicologica. A volte mi sembra di non farcela. Ma sono momenti. Poi penso che, tutto sommato … Come? Sì, tutto sommato … c’è chi sta peggio, come quella guardia giurata, gentile, che conoscevamo tutti. Rimase a terra quando assalimmo il supermercato. Non fece in tempo a ripararsi come gli altri, fu calpestato dalla folla.
Questa volta non volevamo farci fregare, come l’altra volta, nell’altra pandemia. “Non vi preoccupate, non mancherà niente”, poi ci hanno fatto entrare nei supermercati uno alla volta, ci facevano aspettare ore in fila, al freddo. Al primo avviso siamo partiti all’attacco. Caricavamo la roba in macchina, avanti e indietro, e sentivamo i lamenti della povera guardia giurata. Non potevamo fermarci, sapevamo che sarebbero arrivate le volanti. Quando sentii la sirena feci giusto in tempo a mettermi in macchina. Non ne ho notizie. Pare che sia su una sedia a rotelle. Che vuoi farci!

Non ho voglia di uscire.
Lo so, una volta alla settimana si può. All’inizio avevo deciso: il mercoledì. Poi mi è passata la voglia. Il ripostiglio è pieno. La riserva alimentare può durare mesi, forse anni. A che scopo uscire rischiando di prendere il virus?

Sì, sì, è così. Rimango in casa. Anche il mercoledì.
Dovrei vestirmi … non ne ho voglia. Hanno detto che dobbiamo restare chiusi in casa e io resto in casa.
È meglio per tutti, no?

Da soli, hanno detto.

Anche a me è parso … Fino dal primo momento la convivenza con un’altra persona mi è sembrata anomala, fino dal primo momento.

La casa è piccola. C’è la ristrettezza dell’ambiente.
Ognuno aveva la propria stanza, ma io avvertivo la sua presenza, ogni tanto dei rumori: lo sciacquone, la doccia.
Era impossibile evitare di sfiorarsi quando ci scambiavamo il posto in cucina per preparare i pasti, condividere le pentole! Lavarle due volte, perché non mi fido. Si sa come sono (gli uomini, le donne, i meridionali, i montanari, i campagnoli, i giovani, i vecchi, i terroni, i polentoni, gli arabi, gli stranieri). L’igiene non è la loro prima preoccupazione.

All’inizio avevamo stabilito un orario preciso. Era difficile rispettarlo; a volte avevi voglia di farti un tè, un caffè; dimenticavi che la cucina era occupata.

Certo. Il problema delle riserve alimentari. Per due persone durano la metà del tempo.

Ho risolto. Veleno per i topi.

Hai capito bene: veleno per i topi. Ne ho messo un po’ nella passata di pomodoro in frigorifero. Come quello che uccise la compagna incinta, ti ricordi? Ho preso ispirazione da lì.

È stato più facile di quello che pensavo. È bastato poco.
Il cadavere l’ho messo in un sacco sul terrazzino piccolo, sul retro della casa, quello che dà sugli orti. Là nessuno se ne accorge.

Si sentono i primi segni della decomposizione, il puzzo, ma spero che passi. Ci sarà un picco, come per l’epidemia, poi la linea del puzzo si appiattirà e poi lentamente decrescerà fino a zero.

È la vita. Una linea curva che sale, raggiunge il picco, si appiattisce e poi decresce. Uguale all’epidemia. Così hanno detto. Ora siamo in salita.

No, di là non c’è nessuno. Poi non lo distinguerebbe dall’odore di fogna che viene dai campi.

Da questa parte, dove passo la giornata, ci sono i vicini, ma sono troppo lontani da quel terrazzino, non possono sentire.
Sono un po’ fastidiosi. Litigano di continuo.

Ma si capisce! In tre in un appartamentino più piccolo del mio. Per forza litigano!

Non li vedo. Li sento sulle scale quando passano e quando sbattono le porte.
Potrei guardare attraverso lo spioncino, come facevo prima. Ma non ne ho voglia.

Passano in continuazione. Sono poco rispettosi delle regole.
Questo non mi sta bene! No, scusa, si tratta anche di buona educazione … proprio così: si è perso tutto. Il rispetto, manca il rispetto degli altri.

Potrebbero portare il virus dentro casa.
A parte la mancanza di rispetto. Potrebbero portare il virus in casa.

A volte ho l’impressione che stiano tramando qualcosa contro di me. Per allargarsi, per conquistare spazi.

Ma lo risolvo io il problema … non ti preoccupare … lo risolvo. Ho pensato di affilare il coltellaccio da macellaio che uso per disossare; quello lungo, che tu mi dicevi «che devi fare con questo? Devi ammazzare qualcuno?»
Ti ricordi?

L’ho affilato, ho passato un filo di olio sulla lama; è pronto.
Stanotte aspetto che si siano addormentati; guardo dallo spioncino: quando tutto è buio e silenzio entro in azione e risolvo il problema.

Le chiavi? Quando l’appartamento era in vendita i vecchi proprietari le avevano affidate a me per aprire ogni tanto, far entrare qualcuno che volesse vederlo. Ne feci un doppione e lo conservai per ogni evenienza e, come vedi, l’evenienza si è verificata.

Ti richiamo domani e ti faccio sapere.

L’hanno detto alla televisione: «Tutto andrà bene. Passerà e ci sarà un mondo migliore.» Come l’altra volta.

Sì, certamente. Si vedono i primi segni.