24 giugno 2019 h 17.00
Cinema Odeon Pisa – piazza San Paolo all’Orto

La malattia
(“Tu sì ‘na malatia / Ca mə passa si tu stai cu me“)
// L’invenzione della neve (malattia mentale) // The father (Alzheimer) // Zona arancione (pandemia) // Zona rossa (pandemia) // Ci risiamo! (pandemia) // Se c’è un aldilà sono fottuto (tossicodipendenza) // Dopo la liberazione provvisoria (pandemia) // L’illogica allegria (pandemia) // La mascherina (pandemia) // Tutto il mio folle amore (autismo) // La linea verticale (cancro) // Arrivederci professore // Dolor y gloria // Domani è un altro giorno // Don’t worry // Quanto basta (autismo) // The party //

Un professore (Johnny Depp) scopre di essere malato e di avere poco tempo da vivere. Dopo avere lanciato alcune imprecazioni, si tuffa vestito nel laghetto artificiale dell’Università.
Possibile, anche se l’acqua di questi laghetti è fredda e sporca.
Subito dopo, avendo deciso di non curarsi – scelta a volte condivisibile, se le cure sono solo un prolungamento della sofferenza – caccia dai suoi corsi una parte degli studenti per vari motivi, fra i quali il loro modo di vestire («Dicevo sul serio, chi porta i pantaloni della tuta non può partecipare alle mie lezioni»).
Forse gli sceneggiatori pensano che se uno è stronzo, diventa ancora più stronzo quando scopre di stare per morire.
È possibile; non ho esperienze a riguardo: le persone che nella vita ho ritenuto stronze erano in perfetta salute, apparentemente.

Sembra che nelle Università americane il professore sia una specie di dittatore: fa quello che vuole, caccia gli studenti dai corsi, a quelli che rimangono propone esercizi inutili, senza un minimo di preparazione, tanto per perdere tempo.
Non conosco le Università americane; può darsi siano organizzate in questo modo.
Tra una puntata al bar – dove si intrattiene con la cameriera nella toilette – e un pompino donato in omaggio da uno studente che gli ha fornito la droga leggera, le lezioni sono l’ultima preoccupazione del professore, dei suoi colleghi, del rettore, il cui compito sembra unicamente di intrecciare relazioni sentimentali e sessuali con le mogli dei docenti.
La vita in famiglia del morituro è deprimente, tanto da pensare che la sua situazione cambierà poco quando la signora con la falce si presenterà per portarlo via.
Passa le serate in una specie di camera mortuaria; i piatti della cena sono appoggiati su un tavolo ripreso di fronte, con inquadratura quasi fissa. Il tavolo assomiglia ai tavoli di marmo su cui appoggiano i cadaveri negli obitori; mentre cena scambia battute acide con la moglie e incomprensioni con la figlia alle prese con problemi sentimentali e di identità sessuale.
La notte nella stanza da letto, con quella persona accanto, è un incubo. I due coniugi riescono a sopportarsi solo grazie ad abbondanti libagioni.
Tutto nell’ambiente in cui vive il professore è squallido; il regista riesce a caricare anche una buona dose di sentimentalismo.

Solo una cosa mi sfugge: a parte quello del fumo e del pompino, gli altri studenti che interesse hanno a seguire le lezioni? Voti alti senza fare nulla.