20 settembre 2023 h 17.00
Cinema Odeon Pisa – piazza San Paolo all’Orto

La malattia
(“Tu sì ‘na malatia / Ca mə passa si tu stai cu me“)
// L’invenzione della neve (malattia mentale) // The father (Alzheimer) // Zona arancione (pandemia) // Zona rossa (pandemia) // Ci risiamo! (pandemia) // Se c’è un aldilà sono fottuto (tossicodipendenza) // Dopo la liberazione provvisoria (pandemia) // L’illogica allegria (pandemia) // La mascherina (pandemia) // Tutto il mio folle amore (autismo) // La linea verticale (cancro) // Arrivederci professore // Dolor y gloria // Domani è un altro giorno // Don’t worry // Quanto basta (autismo) // The party //

Carmen ha sottratto Giada, la figlia di cinque anni, alla famiglia di Massimo, il padre della bambina.
È un rapimento in quanto il tribunale ha ritenuto Carmen troppo fuori di testa per poter svolgere il ruolo di madre.
Carmen ha portato la bambina nella villa appartenente alla famiglia di Massimo e si è chiusa dentro.
Massimo è accorso, naturalmente preoccupatissimo. Carmen risponde in modo beffardo e minaccioso ai richiami (“Se io non posso vedere Giada, nessuno potrà vederla”); della bambina non si sente la voce; attraverso le finestre Carmen, alterata, dice che Giada dorme.
Dramma imminente.
Davanti alla villa sono accorse anche l’assistente sociale e la nonna di Giada, la mamma di Massimo, odiatissima da Carmen.
Massimo impedisce alla sua mamma e all’assistente sociale di chiamare il 118, si fida di Carmen e della sua promessa: se le mandi via e rimani da solo ti faccio entrare.
Massimo distrugge il cellulare dell’assistente sociale, costringe le due donne ad andare via, si avvicina alla porta e chiama Carmen: «Sono solo. Ti puoi fidare di me. Mi fai entrare?»
Non sappiamo come va a finire, perché il film si conclude con un’immagine di sogno, ma io credo che nella realtà sia molto facile passare dal sogno all’incubo.

È ciò che accade continuamente nella testa della protagonista, testa nella quale il regista ci fa entrare fin dalle prime scene e per tutto il film. Vediamo il mondo in soggettiva, dal punto di vista di una persona disturbata che non riesce ad accettare la realtà, forse neanche riesce a vederla.
Incipit. Siamo in un momento precedente al rapimento. Carmen ha riempito la macchina di regali, di palloncini: vuole festeggiare il compleanno della bambina, canta mentre la macchina percorre la strada che lei ben conosce, la strada che porta alla villa al mare dove, insieme a Marco, ha vissuto un periodo della sua vita che ricorda felice. Vivevano in tre, Carmen ricopriva le pareti con disegni di animali, di foreste; raccontavano favole alla bambina. Massimo descrive quel periodo con l’espressione “eravamo completamente strafatti”.
Evidentemente ci sono due visioni diverse e Massimo ha deciso di assumersi la responsabilità del nuovo essere che ha contribuito a mettere al mondo. L’esistenza della bambina gli ha dato la spinta per cambiare vita.
Carmen sembra non voler cambiare. Sa che porteranno la bambina nella villa a festeggiare il suo compleanno. Sa anche che non le tocca incontrare Giada, ma è sicura che, con la sua tenerezza, riuscirà a convincere Massimo.
Carmen entra nella villa (le chiavi sono a portata di mano) e prepara l’ambiente per la festa, dispone i palloncini e i regalini, come se il giudice non avesse stabilito in quali giorni può vedere sua figlia e in quali giorni deve tenersi lontana da lei. Esperienze precedenti hanno consigliato all’assistente sociale di suggerire e al giudice di imporre regole rigorose, di ridurre la frequenza degli incontri di Carmen con la bambina, di condizionarli al mantenimento di un lavoro.
In passato si è dato un caso che avrebbe dovuto convincere il giudice a essere ancora più severo: in un’occasione la donna ha ricevuto un cliente raccattato in un sito di incontri mentre la bambina era sul terrazzino del suo appartamento.

Carmen vive tra realtà e sogno, ma è anche sicura di riuscire a manipolare gli altri, a furia di insistere, di mostrare tenerezza, di fare regalini.
Non cede mai alla logica nella scelta dei comportamenti: vengono sempre per primi i suoi bisogni, i suoi desideri, i suoi “diritti di madre”.
Riesce realmente a manipolare l’assistente sociale, troppo attenta a non ferirla; l’assistente accetta un regalino, per non offenderla, e, nel corso della conversazione, le consente una intrusione nella sua vita privata (ti ho visto con tua figlia, la bambina che hai adottato …). Errore gravissimo. L’atteggiamento di Carmen oscilla sempre tra tenerezza e aggressività, tra apparente accettazione delle regole e ribellione (prometto, poi farò come dico io). È prontissima ad approfittare dei punti deboli degli altri, in particolare di chi cerca di opporsi alla sua deriva psicotica.
Si indovina la pena dell’assistente sociale per una donna che ha vissuto l’infanzia, insieme alla sorella, priva di madre, in una casa famiglia.
Il problema è che questa persona, che ha sofferto atrocemente e non ha il senso della realtà, rischia di causare gravi danni alla figlia.
Carmen perde il lavoro e se la prende con il datore di lavoro, ha il permesso di vedere la bambina una volta ogni quindici giorni e pretende di vederla per il compleanno, cerca continuamente di manipolare gli altri con i regalini, la tenerezza, l’insistenza e minacce velate.
L’unica persona che non si fa ricattare con l’affetto è la sorella di Carmen, che ha trovato la forza di venire fuori dalla stessa situazione di partenza.

Il cuore porta a pensare che a una mamma non dovrebbe essere impedito di vedere la figlia per il suo compleanno.
Poi sentiamo da Massimo raccontare l’episodio della terrazza e pensiamo che una persona in quelle condizioni può fare pena, ma dev’essere allontanata dalla bambina fino a che non avrà fatto un percorso sicuro di uscita da una condizione patologica.
La bambina è in pericolo quando è accanto a Carmen, come fa presagire la conclusione del film, che lascia aperte diverse possibilità, alcune drammatiche.
Un film da vedere: bravo il regista, bravi tutti gli attori.