26 febbraio 2018 h 16.30
Cinema Teatro Odeon Firenze – piazza degli Strozzi

Umorismo (fa bene ridere)
// Romeo è Giulietta // La Primavera della mia vita // Il discorso perfetto // Una famiglia mostruosa // Mandibules // Odio l’estate // Jojo Rabbit // Tolo Tolo // Il colpo del cane // Stan & Ollie // Moschettieri del re // Il Grinch // Achille Tarallo // L’incredibile viaggio del fachiro // Favola // Una festa esagerata // Metti la nonna nel freezer // Come un gatto in tangenziale // The Disaster Artist // C’est la vie: prendila come viene //

Che c’è di meglio, mentre intorno infuria la buriana (nella versione siberiana quest’anno si chiama burian), che andare al cinema?
Prendere un buon tè prima di prendere il treno; dopo una mezz’ora, arrivati a Santa Maria Novella, tuffarsi in un gomitolo di strade fino al caldo buono della sala (Ungaretti, ma senza le quattro capriole di fumo del focolare), per vedere The Disaster Artist.
Se il cinema è l’Odeon di Firenze si può approfittare per dare un’occhiata, dopo il film, al Ponte Vecchio in un momento in cui non è spalmato di gente – solo qualche sparuto turista, come le sparute anguille di Montale, lo percorre infreddolito – per scrutare l’Arno, che scorre lentamente e sembra stia per trasformarsi in un enorme ghiacciolo.

A Napoli, in questo momento, il mare in tempesta si scaglia contro gli scogli di via Caracciolo.
A Roma il Colosseo, il Foro Romano e la Cupola di San Pietro, in questo 26 febbraio 2018, sono coperti di neve, come non accadeva da decenni.

Pochi spettatori in sala, perché poca gente va al cinema e ancora di meno quando fischia il vento e infuria la buriana e perché questo film è passato come una meteora; non è in programmazione in altre sale, forse solo in una, per due, tre giorni.
È uno di quei film che bisogna cogliere al volo, come le ciliegie, che tra un po’, dopo la fioritura primaverile, a inizio estate appariranno sugli alberi. Tranquilli! Non drammatizziamo! Il cattivo tempo d’inverno c’è sempre stato, Renato Rascel ci assicura che «dopo l’inverno viene sempre primavera …», i contadini sanno che il gelo cattivo non è questo, è il gelo primaverile, che brucia le gemme appena spuntate, persuase di trovare la buona stagione; ora le piante sono in riposo vegetativo: dormono, riducono il metabolismo e aspettano che passi la buriana.

La storia di Tommy Wiseau – aspirante attore con accento strano e lessico approssimativo, regista che non sa nulla della tecnica cinematografica, e trova da solo (non si sa come) i soldi necessari per girare un film tutto suo nella capitale del cinema – è stata raccontata in un libro scritto da un collega e amico di Tommy, che ne mette in evidenza la passione per lo star system, in cui è fermamente deciso a entrare.
Si sa che il risultato di tanta determinazione è un film così brutto da finire tra i cult; non gli stracult nostrani in cui troppo facilmente si infilano film non brutti ma mediocri, che si vorrebbe dimenticare.
La storia è vera, anche se toccata dal mistero intorno al personaggio principale, Tommy Wiseau, un aspirante attore e regista che dice di essere cresciuto a New Orleans, ma non ha l’accento giusto e gira il film contraddicendo tutte le regole, anche sindacali, nella conduzione della troupe: uno dei suoi principi è che director, in inglese regista, deriva da dictator, dittatore.

Esce The room (2003); Tommy Wiseau è, come si legge nei titoli di testa, produttore, regista, sceneggiatore, attore.
Il film è così brutto, girato e recitato in modo così goffo, che alla prima gli stessi attori, gli stessi tecnici e collaboratori, presenti in sala, in un primo momento muoiono d’imbarazzo, poi, piano piano, cominciano a vedere l’aspetto comico di tanta assurdità, cominciano a ridere di cuore, cosicché gli applausi a scena aperta si seguono fino alla fine: un trionfo.
Naturalmente il trionfo è limitato alla prima; il film incassa una cifra irrisoria, sparisce dalle sale tranne nella proiezione di mezzanotte e diventa un cult: il film più brutto che sia mai stato girato.
Anche Tim Burton ha fatto un film sulla storia vera di un regista (Ed Wood, 1994) che faceva film bruttissimi, nei quali, in compenso, si poteva vedere recitare Bela Lugosi (Dracula) alla fine della sua esistenza sui set cinematografici, poco prima di lasciare questo pazzo pazzo pazzo pazzo mondo.

The Disaster Artist è molto divertente e accurato nella ricostruzione; addirittura, alla fine, sui titoli di coda, vediamo le scene girate dal vero Wiseau a confronto con quelle girate da James Franco: sono perfettamente sovrapponibili.
Un bell’esercizio di tecnica cinematografica del regista – interprete.
Dimostra che il cinema è il posto di questo pazzo ecc. mondo dove le cose più assurde, quelle che sembrano inventate per farci ridere o per farci sognare, sono realtà e un personaggio come Tommy Wiseau, che sembra uscito dalla fantasia di uno scrittore o di un autore cinematografico, è assolutamente reale (come chiunque può constatare facendo un giro su youtube).

La realtà e la fantasia cinematografica non si possono separare con un taglio così netto che una parte non contenga un poco anche dell’altra (reminiscenza manzoniana).