14 febbraio 2023 h 18.00
Cinema Flora Atelier Firenze – piazza Dalmazia, 2r

Altro film del regista: // Tre manifesti a Ebbing, Missouri //

Amicizia (scoperta, coltivata o tradita)
// Casablanca (Rick e Sam, Rick e Louis) // Bassifondi // Animal House // La quattordicesima domenica del tempo ordinario // La Primavera della mia vita (Colapesce e Dimartino) // Gli spiriti dell’isola (fine di un’amicizia) // Close (l’amico del cuore) // Nostalgia (gli amici si ammazzano, non si dimenticano) // Cry Macho (tra un vecchio e un ragazzo) // Mi chiamo Mattia (racconto) // Lontano Lontano (amicizia tra anziani) // 1917 (amicizia sotto le armi) // Stan & Ollie (amicizia tra artisti) // Copia originale [Can you ever forgive me?] (tra due tipi eccentrici) // Green Book (tra un italoamericano e un afroamericano) // Il mio Capolavoro (tra pittore e gallerista) // Moschettieri del Re (amicizia mitica) // Lazzaro felice (tra emarginati) // The Shape of Water [La forma dell’acqua] (tra individui “diversi”) //

Pádraic (Colin Farrell): «Se ti ho fatto qualcosa, dimmi che cosa ti ho fatto».
Colm (Brendan Gleeson): «È che non mi vai più a genio».

Quante volte abbiamo pensato, o anche detto: «me ne andrei a vivere in un’isola sperduta nell’oceano»!
Qualcuno lo dice spesso, qualcuno lo dice raramente, tra sé e sé, qualcuno non lo dice mai, perché vive in un’isola sperduta nell’oceano.
Probabilmente gli abitanti delle isole sperdute nell’oceano, quando sono stanchi della vita che conducono, dicono: «me ne andrei a vivere nel centro di una città piena di gente».
«Soprattutto», aggiungono, «piena di gente sconosciuta».

Vorrei spezzare qualcosa (le lance sono tutte spezzate, non ce ne sono più) a favore della vita tra gente che non si conosce, o che si conosce poco.
Uscire di mattina, entrare in un bar, salutare il barista sconosciuto, scoprire che fa un buon caffè.
Se il caffè non è buono, o i cornetti non si ricordano più quando sono usciti dal forno, ti senti libero di cambiare bar, non sei obbligato a tornarci (se non torno il barista si offende, mi toglie il saluto).
C’è gente costretta a bere un caffè terribile ogni mattina e a fare colazione con cornetti preistorici perché ha una vecchia amicizia con il barista.
La chiamano amicizia, ma spesso si tratta di scambio di cortesie istituzionali: con il direttore o l’impiegato dell’agenzia, con la cassiera del supermercato, con il medico di famiglia e con la sua assistente, con la maestra, con la bidella, con tutta la famiglia del vicino di casa (quando non ci sono liti di condominio o storie di corna), persino con i parenti più prossimi, una volta che il legame familiare originale si è allentato ed è stato investito in una nuova famiglia.
Infatti un rapporto virtuale estremamente superficiale e provvisorio su Facebook si chiama amicizia.
La gente si vanta – «Sono amico di questo», «Sono amico di quello», «Ho molti amici» – includendo il sindaco che saluta tutti, specialmente in vista delle elezioni, il vigile urbano che chiude un occhio e, naturalmente, quelli di Facebook.

Meglio fare a meno di essere circondati da finte amicizie, meglio trovarsi tra perfetti sconosciuti.
Scoprire facce nuove mentre si passeggia dà l’impressione di ricominciare la vita daccapo. La stessa sensazione si prova quando si viaggia: libertà, curiosità, interesse. L’occhio è attento, la mente vigile. Siamo nella condizione migliore per osservare gli altri senza essere distratti da ciò che sappiamo di loro e da ciò che sanno di noi.

Siccome gli altri non ci conoscono, non ci possono incasellare in un personaggio.
«Buon giorno professore – Buon giorno dottore – Buon giorno Pasquale – Ciao Cristina, tutto bene? – Ué, Gennarino bello, che si dice?»; dietro ogni nome, dietro ogni titolo, c’è un personaggio conosciuto, che ha una storia, un ruolo ed è incasellato in quel ruolo.
Magari è un buon ruolo e il personaggio è circondato dall’affetto degli altri, ma circondato, come una città assediata, come un prigioniero: «Appena sgarri ti togliamo il like».

Amiamo i romanzi e i film perché ci danno l’esperienza di vite diverse, mentre leggiamo e mentre siamo immersi nella penombra illuminata dallo schermo.
I bambini amano le giostre. Che cosa ci trovano di così accattivante? Probabilmente l’animale finto su cui sono seduti si trasforma, diventa vivo nella loro fantasia e il giro che si ripete sempre uguale diventa un volo fantastico. Per i bambini tutto è sconosciuto; quindi tutto è vivo e curioso, interessante.

Vivere ogni giorno tra le stesse persone, vedere sempre le stesse facce, prima o poi produce fissazioni che possono condurre alla pazzia.
È ciò che accade ai due protagonisti del film, in un’isola al largo della costa irlandese.
Colm decide improvvisamente che la vita è troppo breve per sprecarne una parte facendo due chiacchiere con Pádraic.
Pádraic non sembra interessante o intelligente, ma è gentile.
Il guaio è che la noia causata dall’isolamento (gli “spiriti dell’isola”) porta all’intransigenza. «Ho detto che non parlo più con te e tu non devi tentare di parlare con me». «Ogni volta che ci riprovi mi taglio un dito».
La noia porta all’intransigenza, l’intransigenza porta alla follia. Dunque, per la proprietà transitiva, …
Che cosa costerebbe a Colm ricominciare a chiacchierare con Pádraic al pub? Che cosa gli costerebbe sopportare qualche idiozia e poi andare a scrivere una canzone monotona? Metterebbe in pericolo un equilibrio complicato tra la realtà e il mondo mentale.
Nella sua mente Colm è un grande musicista, potrebbe scrivere come Mozart. Ma ha sprecato il tempo. Basterà essere intransigente, con se stesso e con gli altri, e il suo mondo mentale si realizzerà.
Colm non si vede come uno strimpellatore di violino che suona musiche ripetitive nel pub per rallegrare le signore mentre bevono birra.
Con la sua insistenza e la sua bonomia Pádraic lo richiama sulla terra.
Il problema è che Pádraic è stupido e non conosce altro che la terra, è più vicino all’asina che alla sorella («Perché leggi? Ti farà male; ti farà diventare malinconica»).
Colm non ce la fa più a vedere la faccia di Pádraic: «Siete come sabbie mobili, tirate giù» (Franco Battiato).
Chissà perché si è concentrato su uno dei tanti idioti che lo circondano! Avrebbe potuto prendere di mira il barista, che non dice cose più interessanti di Pádraic. Questo è l’effetto dell’isolamento: la mente si fissa su un pensiero e non si muove più; pensieri contraddittori coabitano (suonare il violino amputandosi le dita).

Personaggi insopportabili ce ne sono eccome!
Il poliziotto violento e malato di sesso ai danni di un figlio disturbato; la vecchia che sfumacchia la pipa e s’illude di essere una specie di strega del malaugurio; la salumiera che vende il bacon, cerca notizie fresche e apre la posta degli altri; il prete che usa la religione per minacciare quando un accenno di Colm, durante la confessione, gli ricorda i peccati per i quali l’istituzione ecclesiastica irlandese è portata a esempio.
Tutti conoscono i peccati di tutti in un posto così chiuso, e non si sopportano.
Vivono peggio di Robinson Crusoe. Lui, almeno, non era obbligato alla conversazione con Venerdì. Quando non aveva voglia di parlare gli diceva «shut up» e se ne stava un po’ per conto suo.
Venerdì era un selvaggio ex cannibale: qualunque cosa facesse o dicesse era interessante.

Eppure l’isola sarebbe un bel posto per viverci! Case senza pretese, basse, essenziali all’esterno e all’interno. Muri a secco – ogni volta che li vedo mi fanno innamorare di un posto (mi capita di vederli in Toscana; ne ho visti molti in Spagna). Il mare. Ma, soprattutto, i meravigliosi animali domestici, domestici nel vero senso della parola. Il cane e l’asina hanno una profondità che manca agli uomini. Poi ci sono un pony e due mucche; non so per quale motivo non si vedono galline.

Il paesaggio, bellissimo, è rovinato dagli uomini.
Non da tutti.
La sorella di Pádraic è interessante, riflessiva. Ama la lettura, corregge quel presuntuoso di Colm, che vuole scrivere una musica che gli sopravviva e non sa in quale secolo è vissuto Mozart.

Qui si fermi chi non ha visto il film e non ama il disvelamento della conclusione.
Colm vuole sopravvivere alla morte e condanna a morire anzitempo una parte di sé.
Evidentemente ha deciso di suicidarsi; in questo modo leggo la sua ultima frase rivolta all’amico: «Ti ringrazio perché ti prendi cura del mio cane».
Ma perché scaricare il desiderio di morte su una persona indifesa come Pádraic? È così indifeso da provare a realizzare il desiderio di Colm: crede di vendicare la morte dell’asina incendiandogli la casa. Ma Colm non è pazzo fino a questo punto e, probabilmente, si lascerà morire in un modo meno doloroso. Questa è solo un’ipotesi, dal momento che il finale del film è aperto.
Questo film è un esempio di come le scene cruenti e le assurdità (la mano che sgocciola sangue) se sono raccontate bene non danno fastidio. Le incongruenze si notano solo dopo essere usciti dalla sala; se si notano mentre si assiste alla magia del racconto vuol dire che il regista non è stato capace di realizzarla. Non è il caso di questo film.
Dunque il finale potrebbe anche aprirsi a una speranza di convivenza serena ritrovata tra i due vecchi amici (con cinque dita, una sorella e un’asina in meno).

Sullo sfondo, siamo in Irlanda nel 1923, c’è la guerra civile (la prima guerra civile irlandese), che vede contrapposti irlandesi di due fazioni (favorevoli e contrari all’accordo con la Gran Bretagna). Come tutte le guerre civili è confusa. «Non era meglio», dice uno nel pub, «quando ammazzavamo solo gli inglesi?» (riporto la frase a memoria). Forse anche lui ha capito che l’intransigenza conduce alla follia.

La sorella di Colm fa la scelta giusta. Si trasferisce, lascia l’isola e prova a ricominciare a vivere da un’altra parte. Secondo me non tornerà più.

Non si può concludere il commento senza ricordare che Martin McDonagh è il regista di Tre manifesti a Ebbing, Missouri e che Barry Keoghan, il giovane attore che interpreta il ragazzo, nel film Il sacrificio del Cervo Sacro di Yorgos Lanthimos (commento su questo sito) era il ragazzo che dà l’avvio alla maledizione fatale che colpisce il medico responsabile della morte del padre. Due personaggi dotati di un forte disturbo della personalità e di un’ambiguità di fondo che li rende inquietanti. Utilizzano il disturbo per sopravvivere. Barry Keoghan è così bravo da sembrare disturbato anche lui.
Un altro grande attore in entrambi i film, con due personaggi molto diversi, è Colin Farrell.

Il regista greco Lanthimos e l’irlandese McDonagh hanno qualcosa in comune.
Nei loro film, ovunque siano ambientati, è palpabile il dramma classico ed è presente il destino, astratto in Il sacrificio del cervo sacro, concreto in Gli spiriti dell’isola, dove è rappresentato dalla vecchia sfumacchiante, che lo presagisce o lo determina al di sopra della volontà degli uomini.