18 febbraio 2023 h 16.30
Cinema Adriano Firenze – via Giandomenico Romagnosi, 46

I vecchi
// The Miracle Club // Perfect Days // Adagio (vecchi delinquenti) // Coup de chance e The Old Oak (vecchi registi) // Bassifondi // Scordato // La quattordicesima domenica del tempo ordinario // Il Sol dell’Avvenire // Il ritorno di Casanova // Non così vicino [A man called Otto] // Orlando // Il piacere è tutto mio // Astolfo // Rimini // Nostalgia // Settembre // Belfast // Callas Forever // Cry Macho // Boys // The father [Nulla è come sembra] // Nomadland // LONTANO LONTANO // Le nostre anime di notte (commento al libro) // Herzog incontra Gorbaciov // The Irishman // Dolor y Gloria // Stan & Ollie [Stanlio & Ollio] // Can you ever forgive me? [Copia originale] // Il Corriere [The Mule] // Moschettieri del re // Lucky // Loro // L’ultimo viaggio // Ricomincio da noi // Ella & John //

Secondo film in poche settimane su un tema doloroso: il suicidio. Il primo era una commedia nera italiana mal riuscita; questo è una commedia sentimentale americana accettabile, non un capolavoro.
È il remake di un film svedese del 2015 (Mr Ove, regia di Hannes Holm). Mi piacque e, come sempre accade, il remake mi piace meno dell’originale.
Tom Hanks è un grande attore, ma anche l’interprete del film svedese (Rolf Lassgård), molto meno famoso da noi, non è male. Nel film originale è più credibile l’attore che interpreta il personaggio principale da giovane, che nel remake è il figlio di Tom Hanks.
Si vede che anche in America “e figljə so piezz’e corə”.
Caro Tom, stammi a sentire: il ragazzo, tuo figlio Truman, non è adatto a quel ruolo. Se non fosse tuo figlio l’avresti capito da solo.
Giudizio sintetico su Non così vicino (A man called Otto): “sufficiente”, ma solo per l’interpretazione di Tom Hanks.
Giudizio sintetico su Mr Ove: “buono”. 

Otto è il nome del protagonista; prova a suicidarsi in diversi modi ma non riesce.
È classico il primo modo: l’impiccagione. Infila un gancio nel soffitto, appende al gancio un pezzo di corda che termina con un nodo scorsoio.
Lavoro preciso; Otto è meticoloso, fa tutti i calcoli: interrompe i contratti della luce e del gas prima di suicidarsi, litiga con il cassiere del supermercato che vuole fargli pagare un metro e sessanta centimetri di corda come fossero due metri. Ha preteso di tagliare da solo la corda; alla cassa scopre che si paga a metri, non a centimetri. Protesta, fa chiamare il direttore del supermercato: sta pranzando. Fa chiamare la vicedirettore, che ha la soluzione: «Le daremo altri quaranta centimetri di corda». Il poveraccio che lo segue, in fila alla cassa, pensa, non a torto: «Che palle!» e prova inutilmente a risolvere il problema pagando i pochi centesimi di differenza.
Ma Otto è uomo di principi e non cede facilmente; è famoso nel quartiere per la pignoleria: guai a calpestare il prato o a parcheggiare fuori degli spazi prescritti!
Le regole del traffico, per il rispetto dell’ambiente o per la raccolta differenziata dei rifiuti sono diventate per lui principi religiosi: si devono rispettare in modo maniacale.

Otto ha finito il lavoretto (gancio al soffitto, corda, nodo scorsoio). Lo guarda soddisfatto. Sposta un tavolino sotto alla corda, sale sul tavolino, inserisce la testa nel cappio, dà la prima stretta, un calcio al tavolino, si lascia andare.
Le immagini della vita gli tornano in mente, soprattutto l’immagine della moglie defunta, a cui pensa in continuazione. Il gancio non resiste al peso, si rompe: Otto cade a terra illeso, nessun segno sul collo (siamo in una commedia).
Il contrasto tra intenzione e realizzazione è un classico della comicità, ci strappa una risata. Particolarmente squillante, coinvolgente, la risata di una signora che sottolineerà tutti i  momenti comici del film. Qualche volta mi verrà da ridere solo in seguito al suggerimento della signora.
Otto conclude: in America non si fanno più i ganci buoni di una volta; altra risata.

Non credo di dare fastidio a chi non sopporta le anticipazioni della trama se rivelo che alla fine Otto morirà di morte naturale; ma prima ritroverà il gusto della vita grazie a vicini di casa chiassosi, impiccioni, ma simpatici.
La trama è nota. Il film originale è tratto da un libro che ebbe il suo momento di celebrità: L’uomo che metteva in ordine il mondo, di Fredrik Backman.

Abbiamo visto lo stesso incipit in un film comico (Totò all’inferno, 1965) e in una noiosa black comedy (Morto in una settimana o ti ridiamo i soldi, 2018, commento su questo sito).
In La vita è meravigliosa (Frank Capra, 1946, riferimento inevitabile) alla fine la vita trionfa e vediamo i protagonisti destinati a essere per sempre “felici e contenti”; a quei tempi questa era la speranza della gente uscita dalla seconda guerra mondiale.
In Non così vicino le cose, alla fine, si mettono a posto grazie ai social: gli speculatori sono bloccati, provvisoriamente. Il protagonista rinuncia al suicidio, accarezza il gatto randagio che non sopportava, stabilisce un legame affettivo con i vicini, è finalmente tranquillo.
Il regista ci porta avanti di alcuni anni; un mattino Otto non spala la neve davanti al garage. Se n’è andato nell’altra dimensione o nel nulla che desiderava raggiungere fin dall’inizio.
Nel 1946 si moriva prima, ma il futuro era lungo. Nell’aldilà c’erano gli angeli, San Giuseppe: una bella compagnia.
Nel 2023 si vive di più, ma il futuro è percepito breve e nell’altro mondo ci sono impiegati che fanno l’orario di ufficio (Il primo giorno della mia vita).

Torniamo all’inizio.
Per farci conoscere le motivazioni dell’aspirante suicida il regista avvia una serie di flashback che ci permettono di ricostruire la sua storia precedente.
Dai flashback apprendiamo che Otto da giovane si era innamorato, ricambiato, di una bellissima ragazza, si era sposato, era in attesa di un figlio quando lei, coinvolta in un incidente stradale, era rimasta paralizzata su una sedia a rotelle. La moglie di Otto è morta sei mesi prima. Lui è andato in pensione. Ha deciso di uccidersi.
Siccome sono trascorsi molti anni dall’incidente, sei mesi dalla morte della moglie, pochi giorni dal pensionamento (pare che sul luogo di lavoro non lo sopportassero più), è probabile che la causa scatenante il desiderio di farla finita sia il pensionamento.
Nei suoi pensieri c’è sempre la storia romantica, triste, di due giovani che per caso si incontrano, s’innamorano, si sposano, fanno una gita alle cascate del Niagara dove, al ritorno dalla gita, un brutto incidente distrugge il loro futuro.
Si accenna solo alla storia lavorativa di Otto; in un uomo così motivato per la tecnica e per il calcolo dev’essere stata importante, ma è meno cinematografica della vita sentimentale.
Dunque la commedia si muove su due livelli: la comicità, che attutisce l’atmosfera lugubre, e il sentimento. Vuole farci ridere, vuole commuoverci. Nel mio caso raggiunge ogni tanto il primo scopo (anche grazie alla signora seduta non lontano da me), mai il secondo (ho già accennato a Truman Hanks).
C’è un terzo livello che trovo più interessante.
Il personaggio è presente in molti film americani e italiani (e nella vita), interpretato da attori che hanno una caratteristica comune: la grande simpatia. È presente non nel senso che è lo stesso o che è sempre il principale, ma come tipo, in numerose varianti.
Anziano, pensionato, abbastanza benestante, solo.
Nella versione americana il vecchio ha qualche problema con il mondo, che non gira come lui desidera. Da molto tempo ha subito questo giramento del mondo che gli fa girare i coglioni. Ora non ha più niente da perdere e ha deciso di ribellarsi, o, almeno, di rompere le scatole a quanta più gente è possibile.
Nella versione italiana è molto più distaccato, rilassato: ha imparato dalla vita che non è necessario agitarsi troppo perché le cose prendano il loro verso, ogni tanto addirittura il verso giusto. Non è necessario spingerle.
Il pensionato americano non concepisce l’atteggiamento zen (lascia scorrere le cose): deve risolvere i problemi, partendo dai piccoli e apparentemente insignificanti; deve mettere ordine nelle sue immediate vicinanze. Si agita e, probabilmente, ha la pressione alta – anche perché, essendo americano, sicuramente eccede nell’assunzione di carni grasse salate e di zuccheri.
Non ha figli o, se ci sono, conducono una vita indipendente dalla sua. L’italiano, anche se è single, ha molti più contatti; se ha figli praticamente gli vivono in casa come quando avevano dodici anni.
Il vecchio americano ha incontrato una sola donna; se è viva gli tiene in ordine la vita in maniera ferrea (in questo caso non rompe le scatole ai vicini); se la moglie non c’è più il vecchio si lascia andare (alla libertà riconquistata o alle fissazioni).
Gli italiani si guardano intorno persino a ottant’anni e fanno i galanti con la dottoressa da una sedia a rotelle.

Tom Hanks ha preso il personaggio in un film svedese, però, evidentemente, ci si è ritrovato e ha pensato che il suo pubblico l’avrebbe ritrovato nei ricordi cinematografici e nella vita.
Cambiare il mondo, anche solo il quartiere in cui si vive, è impresa faticosa e con scarsi risultati. Il vecchio americano è perennemente incazzato.
Naturalmente non si parla dei poveracci che passano gli ultimi anni di vita in un furgoncino o, se va bene, in un camper, descritti in Nomadland (2021, Chloé Zao, commento su questo sito).
Otto ha capito che per vivere degnamente la vecchiaia è fondamentale la disponibilità di servizi igienici efficienti. Da giovani ci si può arrangiare; da vecchi: meglio di no.
Non gli piace il disordine; figuriamoci come reagirebbe ai giorni e alle notti da trascorrere nello squallore di un parcheggio pieno di immondizie, situato su un’autostrada o su una strada isolata.
Il vecchio sa che la poesia di un tramonto comincia solo dopo che si sono soddisfatti bisogni che si ripresentano regolarmente e quando si ripresentano consentono brevi attese, prima di essere soddisfatti; costretto in una situazione squallida, si sentirebbe infelice anche davanti al più bel paesaggio che un pittore impressionista abbia mai potuto dipingere.

Fatte queste premesse, la storia si potrebbe sviluppare come thriller (chi ha ucciso il cane che pisciava nel prato? Dov’è finita la sua padrona?), come horror (il garage del pensionato pieno di cadaveri di automobilisti indisciplinati), o come commedia.
Come già detto, il film, per fortuna, sceglie la strada della commedia allegra (anche noi abbiamo il diritto di rilassarci!), con alcune parentesi sentimentali.
Tom Hanks rinverdisce la tradizione degli attori americani burberi e benefici, facili all’irritazione (fumantini, direbbero qui) ma più buoni degli altri (Spencer Tracy).

Un film rilassante ma non troppo, se si pensa a cosa resta di tanto d’affare: qualcuno ricorderà Otto con gratitudine; lo ricorderà sempre meno col passare del tempo, mentre si avvia al tramonto della propria vita; altri parleranno per un po’ di quel vecchio pignolo e fastidioso. Poi, come per tutti, più nulla.