
8 aprile 2024 h 16.30
Cinema Teatro La Compagnia Firenze – via Cavour, 50r
Altri film del regista: // Povere creature! [Poor things] (2023) // The Favourite [La Favorita] (2018) // The Killing of a Sacred Deer [Il Sacrificio del Cervo Sacro] (2018) //
Fantascienza e/o distopia
// Lightyear: la vera storia di Buzz // The Animal Kingdom // Civil War // Dogtooth [Kynodontas] // Another End // Povere creature! [Poor things] // Amore postatomico // M3GAN // Everything Everywhere All At Once // Siccità // Nope // Penguin Highway // E noi come stronzi rimanemmo a guardare // Dune // La terra dei figli // Tenet // Il dottor Stranamore // AD ASTRA // Brightburn // Jurassic World Il Regno distrutto // 2001: Odissea nello spazio // Tito e gli alieni // L’isola dei cani // La forma dell’acqua //
Quando il film (del 2009) fu distribuito in Italia da Lucky Red (nel 2020) eravamo in piena pandemia. Non amo mettermi davanti al televisore per vedere un film (poi mi arrendo); in seguito non ho pensato a recuperarlo, nonostante ne avessi sentito parlare. Per fortuna è tornato in alcune sale, tra le quali La Compagnia di Firenze.
Come mai una coppia benestante, abitante in una villa con giardino e piscina alla periferia di Atene, ha deciso di chiudere i figli in una pseudo realtà creata dai genitori, in particolare dal padre?
È la prima domanda che si pone chi mal sopporta la parola “simbolo” e derivati (soprattutto “simbolico”), rifiuta i termini affini (soprattutto “iconico”) e accetta la parola “allegoria” solo quando è riferita alla Divina Commedia. Nelle altre opere d’arte, soprattutto nel cinema, per favore: niente allegorie, simboli e icone.
Si vorrebbe saperne di più sulle motivazioni che hanno spinto un uomo, apparentemente motore primo delle scelte, e la moglie, che lo segue passivamente, a costruire una realtà alternativa alla quale i ragazzi non possono sottrarsi. I due danno l’impressione di nutrire affetto per i figli, ma non danno peso all’infelicità che riversano nella loro vita e nella propria. I cinque personaggi del dramma non sorridono mai. Si vorrebbe saperne di più sul percorso mentale e pratico compiuto da due adulti fino a concepire un disegno di vita da cui è esclusa la pietà.
Bisogna subito aggiungere che Yorgos Lanthimos crea i mostri sullo schermo e li rende vivi. In Povere creature! [Poor things] (2023) un grande esperto di chirurgia, il dottor Godwin Baxter, sottoposto dal padre, anche lui genio del bisturi, a interventi distruttivi che ne hanno alterato la fisionomia e lo hanno reso eunuco, sostituisce il cervello di una donna incinta morta suicida con il cervello dell’embrione che la donna portava nell’utero. Il chirurgo folle (Godwin) ha innestato, come si fa in agricoltura, una neonata in un corpo di donna adulta.
In Dogtooh il regista crea cinque mostri. I due principali sono una coppia (marito e moglie) che ha avuto la possibilità di crescere i figli fuori dal mondo, isolati in una villa in periferia con giardino e piscina. Siccome entriamo nel film in medias res, non sappiamo come ciò sia potuto accadere, attraverso quali passaggi e con quali motivazioni. Quando entriamo noi la realtà è consolidata, i tre ragazzi sono adolescenti e vivono da sempre in quelle condizioni.
Per agire sulla psicologia dei figli e annullare ogni possibilità di ribellione, l’uomo non ha avuto bisogno di ricorrere al bisturi (come i due Baxter, padre e figlio, di Poor things). L’intervento è di tipo ambientale e educativo.
Isolati in una bolla dalla quale è impossibile allontanarsi, un ragazzo e due ragazze adolescenti sono stati manipolati fin da piccoli con regole apparentemente giocose. In realtà, fatte le dovute proporzioni, la situazione dei prigionieri ha la durezza di un campo di rieducazione limitato a tre soggetti e guidato da due aguzzini. Le regole del campo sono rigide e prevedono punizioni severe se l’istinto, la giovinezza, il desiderio naturale di sperimentare l’incognito spingono i prigionieri a compiere timidi tentativi di trasgressione. La differenza rispetto ai campi di rieducazione della storia, oltre alle dimensioni e al legame tra aguzzini e prigionieri, è l’assenza in questi dei ricordi del “mondo di fuori”. Non avendone esperienza non ne hanno nostalgia, ma solo il desiderio di trasferirlo dall’immaginazione alla realtà attraverso il lancio di frutta, di foglie, di parole senza senso oltre l’ostacolo (comportamento che preoccupa molto i due aguzzini).
Il rapporto genitori figli (in particolare: padre figli) è assoluto e unidirezionale. Il padre si è sollevato a un livello superiore: è diventato dio.
Nel film “Il Sacrificio del Cervo Sacro” [The Killing of a Sacred Deer] (2018) il rapporto tra una figura paterna (anche questa volta un chirurgo) e il figlio di un paziente morto durante un intervento al cuore trasforma il ragazzo in un mostro: il ragazzo penetra subdolamente nella casa del chirurgo e lancia la sua maledizione. Come in una tragedia greca il figlio detta le regole stabilite dal fato, a cui nessuno si può sottrarre: la colpa del chirurgo ricade sulla sua famiglia. Solo il sacrificio di un congiunto del medico potrà interrompere la maledizione. Non ho apprezzato questo film del grande regista per la sovrabbondanza di simboli che oscurano il racconto.
In “Dogtooth”, “Kynodontas” (dente canino) il padre è dio; i tre ragazzi non sono mai usciti da quello spazio e hanno la vita quotidiana regolata da attività che accentuano la competizione tra di loro e la dipendenza dai genitori. Giocano, come bambini, a chi raggiunge per primo la mamma tenendo una benda sugli occhi. Il premio è l’abbraccio della mamma.
Gli aerei che sorvolano in alto il giardino sembrano piccoli. Il padre fa trovare ogni tanto un modellino e spiega: «È un aereo caduto». Avendo un’esperienza di prospettiva limitata dai bordi della prigione, ci credono. Chi trova un aereo caduto può tenerselo. La competizione tra i ragazzi, coltivata dai genitori, porta a gesti di aggressione reciproca, a scoppi d’ira. Nella piscina trovano pesci versati di nascosto dal padre che si prepara di tutto punto con la tuta da subacqueo e con la fiocina per catturarli. Il gatto penetrato nel giardino è un animale feroce da cui bisogna difendersi rifugiandosi nella villa. È coltivato il terrore del mondo di fuori: l’uomo si ricopre di sangue finto, si straccia i vestiti per simulare un’aggressione del gatto e racconta che un quarto fratello, che non vediamo e i ragazzi non vedono perché vive nel mondo, è stato ucciso. Anche questa è un’invenzione finalizzata a bloccare il desiderio di conoscere ciò che si trova fuori del recinto in cui è da sempre confinata la vita dei ragazzi. Ogni tanto si festeggia, si mangia qualcosa di buono, poi il padre chiede: «Volete sentire la voce del nonno?»; i figli in coro, come bambini: «Sììì!»; il padre mette su un disco di Frank Sinatra e traduce a modo suo la canzone dall’inglese; la sua traduzione finta parla dell’importanza della famiglia, del legame con la casa, l’unico posto in cui si è protetti.
Tutti i mezzi sono buoni per distogliere i ragazzi dall’attrazione per il mondo esterno, che intravedono al di là degli ostacoli e delle alte siepi.
I ragazzi non hanno nomi propri; si chiamano: figlia maggiore, figlia minore, figlio; i genitori si chiamano padre e madre. È interessante che la figlia più grande maturi la ribellione quando scopre, attraverso le videocassette dei film Rochy, Lo Squalo e Flashdance, che le persone hanno un nome. Da quel momento dice alla sorella: «Chiamami Bruce»; «Ti rispondo solo se mi chiami Bruce». Ha un nome, è diventata persona e può portare a maturazione la ribellione, fino ad allora solo accennata, nei confronti dell’autorità. Naturalmente si ribella all’interno delle uniche regole che le hanno inculcato. «Quando potremo andare nel mondo?» hanno chiesto i ragazzi. Il padre ha risposto, forse per allontanare la domanda: «Sarete liberi di andare nel mondo quando perderete uno dei due canini». (SPOILER: chi non ama conoscere in anticipo la conclusione del film dovrebbe interrompere la lettura – nel seguito racconto come va a finire). Il padre diventato dio non riesce a costruire un sistema razionale. Le domande dei figli incalzano e a volte è costretto a improvvisare, a dire la prima cosa che gli viene in mente. Non ha calcolato che la sua parola è “divina” per i figli. Quando la ragazza decide di ribellarsi lo fa rispettando le regole che lui ha dato. La “legge divina” è penetrata dentro di lei. Prima di tentare la fuga si fa cadere un canino (dogtooth) colpendo i denti ripetutamente. Quando il canino cade può provare a scoprire il mondo utilizzando la macchina con la quale il padre esce dalla villa ogni mattina. Non sappiamo se la sua ribellione riuscirà.
La costruzione della ribellione è iniziata spiando nella stanza della madre per scoprire i suoi segreti: in un cassetto la madre tiene nascosto un telefono fisso che utilizza per comunicare con il marito quando è fuori; il marito, a sua volta, ha un cellulare nascosto.
I ragazzi non conoscono il telefono e alla televisione guardano solo vecchie registrazioni su videocassette delle feste di famiglia. La ribellione della ragazza comincia guardando di nascosto film vietati.
Come ha ottenuto le videocassette di Rochy, Lo Squalo e Flashdance?
Il regista sceneggiatore è costretto a inserire un elemento di disturbo in una storia che potrebbe procedere in modo piatto tra gare che accentuano la competizione, balletti infantili tristissimi e manifestazioni di aggressività incontrollata.
L’elemento che deve servire a determinare una svolta è la spinta sessuale del ragazzo, che il padre pensa debba essere soddisfatta.
L’uomo esce ogni mattina in macchina per recarsi in fabbrica, dove svolge il lavoro di dirigente; al ritorno dal lavoro si ferma nel supermercato per comprare le cose di cui la famiglia ha bisogno, dopo avere eliminato le etichette per impedire ai figli di conoscere altre realtà, altre parole.
Una giovane addetta alla vigilanza, Christina, che lavora all’ingresso della fabbrica, sembra all’uomo adatta a far sperimentare al figlio l’attività sessuale. La ragazza accetta la proposta. Viene accompagnata nella villa dall’uomo dopo avere indossato, durante lo spostamento in macchina, una mascherina che le copre gli occhi. L’uomo, precisissimo e meticoloso, si assicura che la ragazza abbia fatto la doccia; per lui l’attività sessuale è un esercizio ginnico non coinvolgente. Questo elemento è portato all’estremo in un altro film distopico di Lanthimos: The Lobster (2015).
L’introduzione di un personaggio nuovo, apparentemente sottomesso ma dotato di una personalità autonoma, fa perdere all’uomo il controllo della realtà che ha creato.
I figli cominciano a conoscere altre parole, di cui i genitori devono inventare un significato («fica» vuol dire «lampada», «zombi» vuol dire «fiore giallo»). La spinta sessuale è una forza che non può essere governata come il “dio” vuole.
Christina dà le videocassette alla figlia maggiore per ottenere i suoi favori sessuali e per sottrarsi al ricatto della ragazza («Dammi le videocassette altrimenti racconto tutto a mio padre»).
La situazione rapidamente precipita.
In conclusione si può tornare alla domanda iniziale: per quale motivo due persone, marito e moglie, lui attivo, lei passiva, hanno creato un mondo alternativo in cui hanno scelto di imprigionare i figli?
Questa domanda può avere due risposte: 1) la risposta che i due danno a se stessi, 2) la risposta più profonda, che li raggiunge forse solo nei sogni.
Quando l’uomo va a punire Christina perché ha fornito le videocassette dei film alla figlia, le sbatte violentemente sulla testa il videoregistratore e, dopo averla abbattuta a terra, le lancia una maledizione: «spero che tu abbia figli che conoscono il male». L’uomo è mosso da questo pensiero: 1) non voglio che i miei figli conoscano il male presente nella vita. Nella sua immaginazione si sacrifica per loro, si immerge nel male per preservare i figli. In realtà nel cosiddetto “bene” c’è di tutto: la violenza, la prostituzione, l’incesto.
La risposta 2) alla domanda si riferisce al bisogno di dominio che affonda nell’inconscio e, se non è controllato, determina il nostro comportamento.
L’uomo è devastato da un desiderio profondo di dominio, di cui a mala pena si rende conto. Se potesse cercherebbe di dominare tutti, metterebbe tutti in un’enorme prigione, in un campo di rieducazione esteso su tutta la terra.
In un film italiano del 2018 (Lazzaro felice, regia di Alice Rohrwacher) c’è un richiamo a questo film di Lanthimos. Niente di male: il cinema si nutre di richiami.
In Lazzaro felice una marchesa è riuscita a tenere una piccola comunità contadina lontana dal mondo reale per sfruttarla; il tentativo termina con l’arrivo dei carabinieri. La marchesa, che insegna ai ragazzi della comunità, ha inculcato regole assurde e paure nella testa degli abitanti del villaggio, per impedire loro di scappare dal mondo in cui li tiene prigionieri dell’ignoranza.
Forse anche la marchesa del film di Alice Rohrwacher era motivata non solo dall’interesse, ma anche dal desiderio di essere il dio che regola la vita degli uomini.
In conclusione una domanda: per quale assurda scelta un film che ha vinto un premio a Cannes nel 2009 è arrivato in Italia nel 2020, in un momento difficile per le sale? Per quale motivo non è arrivato prima nei cinema? Che problema ha la distribuzione dei film in Italia?