20 giugno 2024 h 16.30
Cinema Odeon Pisa – piazza San Paolo all’Orto
Fantascienza e/o distopia
// Lightyear: la vera storia di Buzz // The Animal Kingdom // Civil War // Dogtooth [Kynodontas] // Another End // Povere creature! [Poor things] // Amore postatomico // M3GAN // Everything Everywhere All At Once // Siccità // Nope // Penguin Highway // E noi come stronzi rimanemmo a guardare // Dune // La terra dei figli // Tenet // Il dottor Stranamore // AD ASTRA // Brightburn // Jurassic World Il Regno distrutto // 2001: Odissea nello spazio // Tito e gli alieni // L’isola dei cani // La forma dell’acqua //
“The Animal Kingdom”, “Le Règne Animal”, regia di Thomas Cailley. Seguendo la moda attuale, è un film tratto da una serie, a sua volta ispirata a un film precedente. Andando indietro forse si arriva a un libro, ma, per noia, non mi sono informato. In parole indigenti: si spreme il limone finché dentro è rimasto un po’ di succo. Il film gira attualmente nei cinema.
Un virus trasforma gli uomini in animali. Ci sta: accettiamo l’assunto. Se la mutazione li trasformasse tutti in lupi, o in cani, gatti, delfini, gorilla, … ci potremmo appassionare alla sorte delle persone colpite, soprattutto se gli sceneggiatori si fossero preoccupati di illuminarci su questa ipotesi fantascientifica. Sarebbe curioso, per esempio, il confronto tra i cani di casa e gli uomini diventati cani. Vedremmo molti denti canini esposti, udiremmo molti ringhi minacciosi. Non avendo aiuto dalla sceneggiatura, dobbiamo arrangiarci: nel film ogni mutante, a caso, si trasforma in un animale diverso dagli altri; dunque ci sono in giro virus diversi. Messa in questo modo, più che un’ipotesi fantascientifica sembra una balla.
Nella fantascienza il quadro in cui si muovono i personaggi dev’essere rigoroso; è indispensabile non moltiplicare le invenzioni. Una sola ipotesi, anche estrema, è sufficiente.
Il più fortunato è il mutante a cui sono spuntate le ali. Dev’essere un’esperienza interessante, ma il corpo è sproporzionato rispetto alle ali (le galline non volano per questo motivo; è strano che lui, dopo vari tentativi, ci riesca).
Uno diventa ranocchio, un altro vola, un altro ancora diventa – che so? – re della foresta. È fantascienza o favola?
La moglie/madre dei due personaggi ha aggredito il bambino lasciandogli una vistosa cicatrice. Come si fa a continuare ad amarla se non è più lei? Non si sa se la donna trasformata in gorilla abbia trasferito in un nuovo involucro i ricordi e gli affetti della madre del ragazzo o abbia assunto la psiche di un animale cacciato, furioso, pericoloso. Questa ambiguità rimane fino alla fine, apparentemente risolta quando il ragazzo ritrova per pochi minuti la madre nella foresta e accosta con fiducia la fronte al volto coperto di peli. Eppure all’inizio c’era stato raccontato che la donna lo aveva aggredito e per questo motivo era stata catturata e rinchiusa.
Due personaggi appaiono e spariscono senza un collegamento con la storia (fungono da riempimento): la poliziotta carina e la studentessa innamorata. I compagni, con un virus in circolazione, molto più pericoloso del Covid19 che ci ha costretti a chiuderci in casa due anni fa, si riuniscono, fanno festa; impiegano troppo tempo a capire il segreto del ragazzo che si comporta in modo da attirare i sospetti: butta sul tavolo un molare che si è estratto con due dita (cambia denti e unghie), non sa più pedalare e, quando è in compagnia, ha esattamente l’atteggiamento che ci si aspetta da un mutante.
Il padre si trasferisce insieme al figlio da Parigi nel sud della Francia per stare vicino alla moglie divenuta gorilla e rinchiusa, insieme ad altri mutanti, in un centro apposito. Spera che la moglie sia “curata” e torni com’era prima. Ma la moglie non sarà curata – ammesso che ciò sia possibile: sarà tenuta prigioniera, sedata, sottoposta a interventi chirurgici distruttivi. L’uomo “civile” non accetta la mutazione, è terrorizzato dal ritorno a una fase diversa dell’evoluzione. Colpisce la grossolanità, in un’epoca che sembra attuale, dei chirurghi: sono intervenuti pesantemente sul viso del mutante (con le ali non ce l’hanno fatta: troppo complicate per staccarle dalle braccia), lo hanno tagliuzzato per eliminare il becco. Di fronte a un fenomeno nuovo, enorme e misterioso, hanno reagito con un intervento antiquato. Stranamente non sanno che i caratteri somatici sono determinati dai geni ed è inutile cancellare gli effetti se il virus ha attivato determinate zone dei cromosomi determinando una mutazione. La scienza, in questo film, è indietro di oltre mezzo secolo (1962, premio Nobel a Watson e Crick per la scoperta della struttura del DNA).
Alla fine il padre capisce qual è il comportamento giusto in quella situazione. Non fidarsi dei medici ignoranti e delle autorità, accettare la nuova realtà, aiutare il ragazzo a fuggire dalle grinfie della “civiltà”. Questa scelta liberatoria determina le uniche scene coinvolgenti del film: la fuga (vecchio cavallo di battaglia della cinematografia di tutti i tempi).