20 settembre 2021 h 17.30
Cinema Adriano Firenze – via Giandomenico Romagnosi, 46
Film brutti (per me). Sono i film che non mi sono piaciuti
// Dall’alto di una fredda torre // The Fall Guy // Civil War // Enea // Chi segna vince // Un uomo felice // La guerra del Tiburtino III // Mi fanno male i capelli // Felicità // L’ordine del tempo // Educazione Fisica // Il primo giorno della mia vita // Vicini di casa // War La guerra desiderata // Dune // Domani è un altro giorno // Dead in a week // Una vita spericolata // Doppio amore [L’amant double] // Sono tornato //
Fantascienza e/o distopia
// Lightyear: la vera storia di Buzz // The Animal Kingdom // Civil War // Dogtooth [Kynodontas] // Another End // Povere creature! [Poor things] // Amore postatomico // M3GAN // Everything Everywhere All At Once // Siccità // Nope // Penguin Highway // E noi come stronzi rimanemmo a guardare // Dune // La terra dei figli // Tenet // Il dottor Stranamore // AD ASTRA // Brightburn // Jurassic World Il Regno distrutto // 2001: Odissea nello spazio // Tito e gli alieni // L’isola dei cani // La forma dell’acqua //
Il pianeta Arrakis, abitato dai Fremen, non è un posto dove andare in vacanza; questo è assodato. Siamo nel 10.191. Diecimilacentonovantuno! Partendo da quando?
Primo dubbio: gli anni si contano a partire dalla nascita di Cristo?
Se è così vuol dire che siamo dalle parti del Sistema Solare, forse addirittura sulla Terra. C’è una civiltà che conta gli anni partendo da un evento che nel film sembra completamente dimenticato.
Non so se nei libri dello scrittore americano Frank Herbert e del figlio Brian, libri che non ho voglia di leggere, c’è la spiegazione del mistero. Nel film non c’è.
In diecimila anni tante cose cambiano nella storia dell’umanità, ma diecimila anni sono nulla nella vita dell’universo.
Da dove sono usciti tutti quei pianeti?
Siamo in un altro sistema di pianeti della Via Lattea? In un’altra galassia?
È strano che gli anni si contino esattamente come li contavamo noi, sulla Terra, prendendo come riferimento la nascita di Cristo. Se non siamo sul vecchio pianeta che ruota intorno al Sole, se non siamo nel Sistema Solare, la parola anno non ha alcun significato o utilità per indicare lo scorrere del tempo.
Forse c’è una spiegazione: quel numero è solo un’informazione per noi attuali abitanti del pianeta seduti in una sala cinematografica davanti a uno schermo.
Allora ditecelo! Scrivete: sulla Terra saremmo nel 10.191 dopo Cristo (che precisione!), ma gli abitanti dei pianeti dove il racconto si svolge devono fare una ricerca se vogliono sapere chi è Cristo e che cosa significa la parola anno. Aggiungete: su questi pianeti il tempo si misura con riferimento a … (qui un fenomeno periodico, probabilmente subatomico) e si indica non in anni, mesi, giorni, ore, secondi, ma … (qui inventate delle paroline finto scientifiche da mettere al posto di quelle che usiamo noi). Non vi si chiede un trattato di Astronomia, ma un po’ di coerenza e un po’ di inventiva. Inventate! Non è necessario che tutto torni dal punto di vista scientifico (è un film di fantascienza), però il sistema che ci presentate deve avere una sua coerenza! Potreste inquadrare le lapide di un cimitero su uno di questi strani pianeti e le scritte “nato il …”, “morto il …” per mostrare il modo in cui si conta il tempo nel mondo che avete inventato e state raccontando.
Secondo dubbio: quelli che vediamo sono uomini o alieni?
Quei manichini sull’attenti, in posa guerriera, non sembrano tanto umani; c’è uno che si tocca un orecchio, strabuzza gli occhi e fa calcoli velocissimi. È uomo o robot? Spiegateci le cose, altrimenti i dubbi ci distraggono!
Dopo il tramonto vediamo all’orizzonte una sfera grande accompagnata da una sfera piccola. Che roba è?
Non conto più i dubbi: sono troppi.
Un film di fantascienza non è una favola: la fantasia dev’essere imbrigliata dentro una solida costruzione scientifica.
Hai inventato la spezia con i poteri straordinari? Bene.
Hai inventato un pianeta deserto, squassato dai venti a 800 chilometri orari, abitato da vermi che muovono dune di sabbia enormi che ingoierebbero un treno Freccia rossa con tutti i binari? Bene.
Basta! Non inventare altre cose. Altrimenti si va avanti solo con le invenzioni e con gli effetti speciali.
Adesso prendi le cose che hai inventato e falle agire! Costruisci una trama coerente, interessante, piena di svolte che ci sorprendono!
In questo futuro remoto – ma non troppo, perché in 10.000 anni non succede quasi nulla nell’universo, succedono cose solo nella storia degli uomini – si è realizzato un sistema di governo totale.
È inutile domandarci come sia accaduto, tanto non ce lo spiegano; i viaggi interstellari sono facili, gli scambi tra i pianeti agevoli, si viaggia su astronavi, su elicotteri a forma di insetti giganti e addirittura c’è un unico imperatore dell’universo.
Un po’ delude che questi popoli evoluti siano arrivati a una forma di governo, l’impero e il sistema feudale, che sulla Terra abbiamo conosciuto in un lontano passato.
Sentiamo parlare di duchi, di baroni, di casate. Incredibile! Sembra di essere tornati a scuola. Duca Leto, barone Vladimir; devo vedere sul libro di storia che differenza c’era.
Ci aspettiamo che da un momento all’altro spunti un conte, una principessa, la strega, il principe azzurro, … la spezia magica, l’erede al trono. Addirittura vediamo leggere un proclama su una pergamena srotolata da un messo dell’imperatore: «Udite udite …»; mancano solo le trombe e i tamburi, ma appare una cornamusa. Per un attimo mi è venuto un dubbio: vuoi vedere che ho sbagliato sala?
Ci sono i commercianti di spezia, accumulatori di ingenti capitali. Non si capisce a quale scopo li accumulino.
Che cosa potranno fare con tutti quei soldi? Non si vedono ville sfarzose, negozi lussuosi dove spendere i denari accumulati vendendo spezie miracolose di cui si possiede il monopolio.
Solo ambienti rozzi, letti duri. Niente saloni, pareti dipinte, sale da bagno; solo una vasca dove un grassone con il collo storto passa il tempo costantemente a mollo, lanciando intorno sguardi torvi.
Nel futuro remoto si vive decisamente male, da uomini primitivi o da barbari: dimenticati gli antichi romani, che diffusero un po’ di mollezze e di goduria (Pompei); dimenticati gli antichi greci, che coltivarono l’arte e la filosofia; dimenticati gli antichi egizi, che si misero d’impegno a costruire sfingi e piramidi; dimenticata la civiltà cinese, che inventò la bussola e gli spaghetti e accolse Marco Polo con tutti gli onori.
Non possiamo giudicare da ciò che stiamo vedendo; in fondo abbiamo visitato solo il pianeta più inospitale, quello che si è seccato completamente e non si capisce come mai qualcuno continui a viverci – c’è la spezia dotata di proprietà magiche, ma perché non provare a coltivarla da un’altra parte?
Gli sguardi che riusciamo a dare alla vita negli altri pianeti di questo sistema sconosciuto non ci restituiscono un’idea di allegria, e neanche di agiatezza, persino nella casa del duca.
Nell’incipit si vede il figlio del duca Leto del pianeta Caladan; dorme e sogna – è normale per un ragazzo, anche se in questo film sembra una cosa eccezionale. Si sveglia, fa colazione seduto a un tavolo rozzo insieme alla madre che gli impone esercizi di volontà a prima mattina.
Cose da pazzi! Si è appena svegliato!
Niente colazione con caffè e cornetto spaziale; vuole bere e la madre gli impone di imporle: dammi l’acqua. Che noia! Non farebbe prima a passargliela?
È strano questo esercizio mattutino: ti impongo di impormi, ma devi importi bene, altrimenti non ti obbedisco. Dunque in realtà comanda la madre, anche quando obbedisce.
Il ragazzo ha appena finito di fare colazione e una Reverenda Madre velata lo sottopone a un esercizio sadico.
Con l’assenso della madre è costretto a infilare la mano in una scatola che produce dolore senza lasciare tracce, con un meccanismo che non ci viene spiegato, mentre la religiosa minaccia di infilargli un ago avvelenato in gola se si permette di ritirare la mano dalla scatola magica prima che l’esercizio sia finito.
Che vita sul pianeta Caladan!
Non ci meravigliamo se, appena finito l’esercizio e recuperata la mano, un po’ indolenzita, il ragazzo chiede di partecipare alla missione sul pianeta inospitale, pur di allontanarsi da quel manicomio.
L’imperatore Shazam si sente messo in ombra dal duca Leto Atreides.
Che fa un imperatore quando si sente messo in ombra da un duca? Si allea con la casata degli Harkonnen – di cui vediamo il panciuto capo, il barone Vladimiro, capace di allungarsi e accorciarsi a piacimento – contro il duca e, non potendo sbarazzarsene direttamente, lo invia sul pianeta Arrakis, poco accogliente ma fornito di una ricca piantagione di spezie prelibate, dotate di poteri magici (ogni tanto ritorna la favola).
L’imperatore si augura che tra Harkonnen, vermi giganteschi, popolazione locale (i Fremen) e aridità del suolo (si bevono l’acqua distillata dal loro sudore – che schifo!), la casata degli Atreides passi un brutto quarto d’ora.
A una richiesta dell’imperatore in persona non si può opporre un rifiuto, non sta bene, per cui la famiglia Atreides al completo si reca sul pianeta Arrakis, dove, come previsto, passa un brutto quarto d’ora.
Grazie al tradimento di un medico dai lineamenti orientali – uno che riesce a fare l’elettrocardiogramma senza strumenti, solo con l’imposizione delle mani – il duca Leto viene ucciso. Sopravvivono la concubina del duca, Jessica, e il figlio Paul.
Tra tanti nomi strani ne sono usciti due normali. Si vede che avevano esaurito i nomi strani.
Addirittura è venuto fuori un nome antico, Paulus (piccolo), un nome comune in una civiltà che, evidentemente, ha lasciato tracce, una civiltà, la nostra, di cui nel 10.191 si è perso il ricordo.
Torna la domanda angosciosa: dove siamo? Perché non ce lo dite?
Jessica è la madre di Paul ed era concubina del defunto Leto.
In questo mondo contemporaneamente futuro e passato, tecnologico e feudale, ci sono le concubine e c’è la possibilità che il duca, compagno di Jessica, dica, prima di morire: «avrei dovuto sposarti», come direbbe, nel nostro piccolo mondo antico, un borghese pentito di non avere sposato l’amante.
Jessica e Paul sono sopravvissuti scappando su un elicottero a forma di insetto gigante, ma la situazione è dura, tra tempeste, corse sulla sabbia e combattimenti all’ultimo sangue.
Si viaggia su mezzi ultratecnologici ma si combatte utilizzando i vecchi strumenti: mosse di kung fu, lotta libera, colpi di karate, e il caro, antico, coltello lungo, quasi una spada, vintage ma con un effetto aggiuntivo: quando penetra nella carne produce una specie di scossa elettrica e un tremoliccio assai fastidioso per chi lo sopporta, divertente per chi guarda, non sempre letale.
Qui lasciamo, per ora, i nostri eroi, dopo avere scoperto che i Fremen, tutto sommato, tranne un tipo un po’ nervoso, non sono poi tanto male.
Il guaio non è solo che gli americani hanno fatto “Dune” e l’hanno presentato fuori concorso – meno male, altrimenti i giurati si sarebbero sentiti in dovere di sprecare qualche statuetta del leone di San Marco – alla Mostra del Cinema di Venezia nel 2021. Il guaio vero è che nel 2024 sta per uscire la seconda parte.