3 febbraio 2023 h 18.00
Cinema Arsenale Pisa – SALA SAMMARTINO

Temi
Neorealismo (vecchio e nuovo)
// Palazzina Laf // C’è ancora domani // Kafka a Teheran // Profeti // Gli orsi non esistono // Il male non esiste // Un eroe // Ladri di biciclette // Il vizio della speranza // Cosa dirà la gente

Religioni e/o superstizioni
// The Miracle Club // C’è ancora domani (il matrimonio cattolico) // Kafka a Teheran (Islam) // Rapito (Il Papa Re) // Benedetta (Cattolicesimo) // Holy Spider (Islam) // Profeti (Islam) // Chiara (Cattolicesimo) // Gli orsi non esistono (Islam) // Alla vita (Ebraismo ortodosso) // Il male non esiste (Islam) // Un eroe (Islam) // The Youngest (Ebraismo ortodosso) // Covered up (Ebraismo ortodosso) // Corpus Christi (Cattolicesimo) // Un divano a Tunisi (Islam e psicanalisi) // The dead don’t die (nel commento: fede e dubbio) // Mug Un’altra vita (Cattolicesimo polacco) // Il settimo sigillo (il silenzio di Dio) // L’apparizione (Cattolicesimo) // Cosa dirà la gente (Islam) // Io c’è (religione e denaro) // The Young Pope (Cattolicesimo) //

Sara, una giornalista italiana (interpretata da Jasmine Trinca) è rapita dall’Isis in Siria. È tenuta prigioniera in una casa a pianoterra ubicata in un campo di addestramento dei combattenti. Controllata da Nur, la giovane moglie di un miliziano (interpretata dall’attrice italo-iraniana Isabella Nefar), attraverso un’apertura nascosta riesce a vedere ciò che accade all’esterno.
Altro che profeti! Questo film potrebbe rientrare nel genere horror. Sono presenti molte scene orribili, sconvolgenti. Purtroppo le scene impressionanti, l’atmosfera da incubo, non sono prodotti della fantasia del regista, provengono dalla realtà.
Un uomo è bruciato vivo; un altro è sgozzato; Sara è trattata come una preda, terrorizzata, costretta a coprire la testa con una vecchia coperta. In quel mondo gli “infedeli” non meritano alcun rispetto, possono essere uccisi come si uccidono le mosche, con la stessa indifferenza. Le donne “infedeli” non meritano alcun rispetto, perché mostrano i capelli, indossano gonne corte, non sono sottomesse agli uomini.
I miliziani catturano, torturano senza pietà, uccidono anche i musulmani che collaborano con gli “infedeli”: l’autista, l’interprete, l’operatore che esegue le riprese video per la giornalista impegnata in un servizio in zona di guerra.
I torturatori continuamente pregano, compiono gesti e invocazioni rituali.
Se un deus ex machina ogni tanto si affacciasse tra le nuvole o facesse sentire la sua voce («bravi, mi compiaccio, state facendo la mia volontà») si capirebbe il comportamento di questa gente. Si capirebbe, non si giustificherebbe la violenza, neanche se comandata da un deus ex machina. Ma non accade, non ci sono segni, altro che nella mente alterata e nei racconti tratti da testi antichi, di dubbia origine e arbitraria interpretazione.
Nessun segno proveniente dall’alto, dal basso o da qualunque altra direzione, si manifesta. I fanatici religiosi sono soli esattamente come noi, che non condividiamo la loro o un’altra fede.
Soli. Persi, come tutti, nel mistero della vita e della morte, vogliono illudersi di avere compreso, ma la loro cieca fede è frutto di ingenuità o di mancanza di informazioni.
Le vittime delle loro credenze sono principalmente le donne convinte o costrette ad accettare principi oppressivi e violenti e una condizione di subalternità rispetto agli uomini.
Non è un film horror (se lo fosse sarebbe vietato ai minori per la crudeltà di alcune scene); purtroppo appartiene al genere realista: le vicende che racconta sono accadute e vicende simili accadono in una parte del mondo dominata da falsi profeti disposti a negare la propria umanità, a farsi megafoni di arbitrarie interpretazioni di testi antichi di dubbia origine. Le scene crudeli non sono metafore, simboli, ma realtà. Lo stile è documentario.

In quel mondo infelice la donna è e dev’essere sottomessa all’uomo.
Quanta rimozione, quanta paura del sesso si trova dietro a questa pretesa! I fanatici sacerdoti sono afflitti da un’evidente paura delle spinte omosessuali vigorose che avvertono in sé e non vogliono riconoscere. Più sono forti queste spinte più sono represse con grande dispendio di energia (negazione, rimozione). Si arriva al parossismo, all’odio per gli omosessuali (odio per se stessi) e per le donne. I due sentimenti sono strettamente collegati.
Potremmo compatirli, poveretti, se non fossero feroci.
Che mondo vogliono realizzare? Un mondo in cui non si ride, non si canta, non si vive. Pensiero fisso è il premio che si conquisterà dopo una vita di sottomissione e di noia. Nella loro concezione è virtuoso anticipare la fine (liberarsi dalla noia) dando la morte agli infedeli e morendo. La morte è il mezzo con il quale credono di raggiungere una condizione di purezza. È sempre lo stesso problema: all’uomo può fare più paura la vita che la morte; tutte le religioni poggiano su questo apparente paradosso, tutte le religioni promettono un “altro mondo” perfetto in cambio di questo mondo che riempiono di sofferenze, di preghiere, di sacrifici, di paure. Mai una gioia! Fissazioni alimentari, orrore dei capelli delle donne (una forma di feticismo), ore e ore piegati, con la fronte appoggiata sul tappetino. Una noia! Chi riesce a farsi venire un segno sulla fronte è più bravo: il solito infantilismo dei maschi, la solita gara, in questo caso a chi ha il segno sulla fronte più lungo.
Potremmo compatirli se non pretendessero di imporre con la violenza le loro credenze, le loro regole. Purtroppo ci sono paesi nel mondo dove sono riusciti a prevalere sommando superstizioni e tradizioni che si rinforzano a vicenda.
Le donne sono povere vittime, costrette a ubbidire o educate alla sottomissione. Come in tutti i sistemi ferocemente repressivi ci sono le collaborazioniste.
Nel film la giovane Nur messa a guardia della prigioniera è una specie di kapò. Dichiara (vado a memoria): «Se la donna si rendesse conto di quanto è inferiore all’uomo, gli toglierebbe la polvere dalle scarpe con le guance».
Che si può dire di peggio? È una metafora rivelatrice dell’abisso in cui la poveretta è precipitata. Schiavitù accettata dalla schiava: incontro tra il sadismo degli uomini e il masochismo delle donne che accettano questa condizione.
Nur, veniamo a sapere, è vissuta nella civiltà e ha scelto l’abbrutimento della sottomissione.
Si può cercare di capire. La ragazza racconta che era stata portata dai genitori, in età infantile, dalla Siria a Londra. Probabilmente ha vissuto le difficoltà di inserimento che tutti i bambini delle famiglie migranti vivono: l’isolamento dalle compagne di classe più evolute e superficiali.
In questa situazione, nel periodo difficile dell’adolescenza, incontrò un fanatico religioso. Fu facile convincerla: siamo superiori, dobbiamo studiare i testi sacri, imparare a memoria i versetti, sottometterci a ciò che è scritto. Il recupero delle tradizioni famigliari le consentì di scavalcare il senso di inferiorità e l’isolamento. Credo che questa sia una chiave di lettura del fenomeno dei cosiddetti foreign fighters: ragazzi cresciuti nei nostri paesi, che hanno studiato nelle nostre scuole, appartengono a famiglie di migranti di prima generazione (di solito le famiglie arrivate in epoche precedenti sono perfettamente integrate) o addirittura, ma il caso è più raro, si sono accostati al fanatismo religioso in seguito a un innamoramento.
La ragazza è la vittima predestinata di una predicazione ottusa. Alla fine si ritrova moglie (schiava) di un miliziano della jihad e accetta compiti che in altri tempi l’avrebbero disgustata. È la guardiana di una giovane rapita, dorme nello stesso letto, usa lo stesso bagno, trascorre ore insieme a lei sapendo che potrebbe essere sgozzata dal maniaco che la interroga. Nella storia di questa ragazza è esemplificato il capovolgimento dei valori che la civiltà (in particolare la civiltà occidentale, ma, sottolineo, non solo la civiltà occidentale) ha faticosamente acquisito e cercato di trasmettere alle nuove generazioni.
L’espressione “civiltà occidentale” è, naturalmente, generica, va presa tenendo presenti eccezioni e passi indietro (anche le guerre di religione, la caccia alle streghe e il nazismo, purtroppo, rientrano nella nostra storia tumultuosa). Volendo restringere il discorso ai valori: sono raccolti nella Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo (perfettamente laica) e nelle Costituzioni di diversi stati nazionali, tra le quali la nostra. Al di fuori di quei principi c’è solo abbrutimento.

Jasmine Trinca è molto brava a farci vivere (a farci soffrire) l’annullamento della coscienza di sé causato dalla paura continua, dalla sensazione di trovarsi nelle mani di un potere arbitrario assoluto. La guardiana agisce con ottusa perfidia per spingerla ad adeguarsi ai principi oppressivi della sua religione. Sara ha un momento di cedimento, perché nessuno riesce a sostenere una tensione terribile per tanto tempo; si può anche arrivare a pensare: hanno ragione loro. Si chiama Sindrome di Stoccolma: reazione alla situazione in cui si trova la vittima di un rapimento protratto nel tempo, riduzione a una condizione infantile (regressione) totalmente dipendente dal rapitore che si trasforma nella figura paterna. Se sarà liberata avrà bisogno dell’aiuto di un terapeuta per superare l’angoscia che continuerà ad agitare i suoi sonni per molto tempo.

Si esce dalla sala cinematografica sconvolti. Bisogna vedere questo film (purtroppo credo non sia più in giro nei cinema), cercarlo nelle piattaforme e nelle librerie (DVD), farlo girare nelle scuole, farlo vedere alle ragazze provenienti dai paesi occupati da bande armate di talebani o altri fanatici perché capiscano che sono fortunate a vivere in Italia, dove nessuna imposizione di veli può essere consentita e la scuola è un obbligo a cui nessun genitore può sottrarre le figlie. Bisogna controllare che questo diritto sia rispettato, e se una ragazza non vuole aderire alla fede presente in famiglia, deve sentirsi protetta dallo stato e dalla comunità. Tutte le confessioni religiose sono libere, il proselitismo non deve mai diventare prevaricazione, neanche in ambito famigliare. Questo vale per gli islamici come per i cattolici, per gli ebrei ortodossi, per i buddisti, per i fondamentalisti di tutte le religioni, per gli aderenti a qualsiasi tradizione, per quanto antica o radicata in altri paesi. Tutti liberi di esprimere e manifestare la propria fede, ma solo come scelta personale e senza danneggiare altri.