
3 febbraio 2023 h 18.00
Cinema Arsenale Pisa – SALA SAMMARTINO
Religioni e/o superstizioni
// Rapito (Il Papa Re) // Benedetta (Cattolicesimo) // Holy Spider (Islam) // Profeti (Islam) // Chiara (Cattolicesimo) // Gli orsi non esistono (Islam) // Alla vita (Ebraismo ortodosso) // Il male non esiste (Islam) // Un eroe (Islam) // The Youngest (Ebraismo ortodosso) // Covered up (Ebraismo ortodosso) // Corpus Christi (Cattolicesimo) // Un divano a Tunisi (Islam e psicanalisi) // The dead don’t die (nel commento: fede e dubbio) // Mug Un’altra vita (Cattolicesimo polacco) // Il settimo sigillo (il silenzio di Dio) // L’apparizione (Cattolicesimo) // Cosa dirà la gente (Islam) // Io c’è (religione e denaro) // The Young Pope (Cattolicesimo) //
Cinema realista
Rappresentazione scarna, non simbolica, della realtà.
// Profeti // Gli orsi non esistono // Il male non esiste // Un eroe // Ladri di biciclette // Il vizio della speranza // Cosa dirà la gente //
Altro che profeti!
Questo film potrebbe rientrare nel genere horror. Sono presenti molte scene orribili, sconvolgenti. Purtroppo non sono il prodotto della fantasia del regista.
Un uomo viene bruciato vivo; un altro è sgozzato; una donna è tenuta prigioniera e obbligata a coprire la testa, in presenza di uomini, con una vecchia coperta; tutte le donne, anche quelle che hanno accettato, più o meno volontariamente, la schiavitù, possono mostrare il volto solo ai mariti e alle altre donne.
Queste situazioni impressionanti, angosciose, da incubo, sono prese dalla realtà.
I protagonisti del film, i torturatori e i prigionieri torturati – tranne la giornalista, che appartiene alla nostra cultura – continuamente pregano e compiono gesti rituali.
Se un profeta ogni tanto si affacciasse tra le nuvole o facesse sentire la sua voce («bravi, mi compiaccio, state facendo la volontà di dio»), si capirebbe il loro comportamento.
Questo non accade, non ci sono segni, altro che nella loro mente alterata e nei racconti tratti da testi antichi, di dubbia origine e interpretazione.
Nulla accade; nessun segno proveniente dall’alto, o dal basso, o da qualunque altra direzione, si manifesta. I fanatici religiosi sono soli esattamente come gli uomini che non condividono la loro o un’altra fede.
Soli. Persi, come tutti, nel mistero della vita e della morte; ma non lo sanno, si illudono di avere compreso la morte e riescono solo a rovinare la vita propria e la vita delle povere vittime.
Il film, purtroppo, non è un horror (se lo fosse l’avrebbero vietato ai minori per la crudeltà di alcune scene); purtroppo appartiene al genere realista: le vicende che racconta accadono nella realtà di una parte del mondo, non sono metafore o simboli ma cruda realtà. Lo stile è documentario.
Una parte del mondo è abitata da fanatici barbuti disposti a negare la propria umanità per (così credono) salvare l’anima dimostrando la completa sottomissione nei confronti di un dio feroce che loro stessi hanno creato – non sono stati creati da quel dio, loro lo hanno creato – o che qualcuno, prima di loro, ha inventato partendo da testi antichi di dubbia origine e interpretazione.
La regola fondamentale di quel mondo infelice (molto più infelice del nostro) è la seguente: la donna dev’essere sottomessa all’uomo.
In sostanza tutto gira intorno all’obiettivo di imporre una società in cui il potere sia interamente in mano agli uomini e il compito delle donne, sganciato dal piacere, sia unicamente riproduttivo.
Questi uomini hanno un evidente problema nei rapporti con il sesso, hanno paura delle donne e delle spinte omosessuali vigorose che avvertono in sé e non vogliono riconoscere. Più sono forti queste spinte, maggiore è la negazione da parte di chi le avverte. Si arriva al parossismo, all’odio per gli omosessuali e all’odio per le donne. I due sentimenti sono strettamente collegati. In realtà odiano se stessi. Tanto più si odiano, quanto più sono omosessuali nascosti. Nascosti agli altri e a se stessi.
Si affidano alla fede: non hanno il coraggio di fare i conti con il dubbio.
Potremmo anche considerarli con sufficienza e con un po’ di compatimento, se non fossero feroci.
Che mondo vorrebbero realizzare? Un mondo in cui non si ride, non si canta, si vive pensando al premio che si conquisterà dopo una vita di sottomissione e di noia. Fissazioni alimentari, paura dei capelli delle donne, piegamenti sulla schiena.
Il problema è che pretendono di imporre con la forza le loro credenze e ci sono posti nel mondo dove, esercitando una violenza senza limiti, riescono a prevalere.
E le donne?
Povere vittime, la maggioranza, non riescono a difendersi: le belle anime dei nostri pacifisti da salotto si ribellerebbero inorridite se si decidesse di inviare armi a chi vuole difendersi dall’oppressione.
Come in tutti i sistemi ferocemente oppressivi ci sono le collaborazioniste. Le peggiori.
Nel film una specie di kapò dichiara (vado a memoria): «Se la donna si rendesse conto di quanto è inferiore all’uomo, gli toglierebbe la polvere dalle scarpe con le guance».
Che si può dire di più? O di peggio?
È una metafora, ma rivela l’abisso in cui la povera donna è caduta.
Sottomissione completa; schiavitù accettata dalla schiava: incontro tra sadismo e masochismo.
Che cosa si può dire di una donna che è vissuta nella civiltà e preferisce l’abbrutimento della sottomissione?
Si può cercare di capire.
La ragazza era stata portata dai genitori a Londra (lo racconta lei); era stata isolata dalle compagne di classe superficiali, più evolute (è una mia ipotesi).
Ha incontrato un fanatico che l’ha convinta: siamo superiori, non dobbiamo parlare inglese ma arabo, dobbiamo studiare i testi sacri e sottometterci a ciò che vi è scritto. Si è realizzato il passaggio dalla civiltà del dubbio all’abisso della fede.
Sì, è vero, anche da noi ci sono i religiosi fondamentalisti; ma, per fortuna, sono ridotti a folclore e, generalmente, ci fanno solo ridere. Quelli pericolosi, prima o poi, finiscono in galera.
Gli altri, che hanno abbracciato la fede come scelta culturale, la fede e la tolleranza nei confronti di chi non la condivide, se ne stanno tranquilli.
Se si aggiunge che la ragazza non è molto intelligente, non ha sviluppato lo spirito critico, si capisce che sia la vittima predestinata di una predicazione ottusa che la porta a ritrovarsi moglie e schiava di un mujaidin, ad accettare di fare la kapò nei confronti di una giornalista italiana rapita e contribuire a violentarla nella sua personalità.
Jasmine Trinca è molto brava a mostrare l’annullamento della coscienza di sé causato dalla paura continua, dalla sensazione di trovarsi nelle mani di un potere arbitrario assoluto. La kapò agisce con ottusa perfidia sulla paura per spingerla ad adeguarsi ai principi assurdi della sua religione.
Si esce sconvolti da questo film. Andiamo a vederlo (è un invito), facciamolo girare nelle scuole dove ci sono ragazze provenienti da quegli ambienti, da quei paesi, perché capiscano che sono fortunate a vivere in Italia, dove nessuna imposizione di veli può essere consentita e la scuola, per gli adolescenti di entrambi i sessi, è un obbligo a cui nessun genitore può sottrarsi.