
13 ottobre 2023 h 16.45
Cinema Spazio Alfieri Firenze – via dell’Ulivo, 6
Temi
Neorealismo (vecchio e nuovo)
// Vermiglio // Palazzina Laf // C’è ancora domani // Kafka a Teheran // Profeti // Gli orsi non esistono // Il male non esiste // Un eroe // Ladri di biciclette // Il vizio della speranza // Cosa dirà la gente
Religioni e/o superstizioni
// The Miracle Club // C’è ancora domani (il matrimonio cattolico) // Kafka a Teheran (Islam) // Rapito (Il Papa Re) // Benedetta (Cattolicesimo) // Holy Spider (Islam) // Profeti (Islam) // Chiara (Cattolicesimo) // Gli orsi non esistono (Islam) // Alla vita (Ebraismo ortodosso) // Il male non esiste (Islam) // Un eroe (Islam) // The Youngest (Ebraismo ortodosso) // Covered up (Ebraismo ortodosso) // Corpus Christi (Cattolicesimo) // Un divano a Tunisi (Islam e psicanalisi) // The dead don’t die (nel commento: fede e dubbio) // Mug Un’altra vita (Cattolicesimo polacco) // Il settimo sigillo (il silenzio di Dio) // L’apparizione (Cattolicesimo) // Cosa dirà la gente (Islam) // Io c’è (religione e denaro) // The Young Pope (Cattolicesimo) //
“Kafka a Teheran”, regia di Ali Asgari e Alireza Khatami.
Sullo schermo vediamo la città, Teheran, passare gradualmente dalla notte al giorno.
Una bambina, come tutte le bambine, ama ballare ascoltando musica allegra nelle cuffie. Per la sua festa vorrebbe indossare abiti colorati. Impossibile. È la cerimonia di ingresso nell’adolescenza e la bambina deve vestire nei modi stabiliti nel libro. Pare che chi ha scritto o dettato il libro dia molta importanza agli abiti che la bambina indossa e abbia deciso: solo abiti grigi che coprono tutto il suo piccolo corpo lasciando libera una parte del volto.
La bambina, delusa dopo avere provato i vestiti grigi della festa, si libera delle palandrane, mette le cuffie e riprende a ballare. È uno sberleffo rivolto ai capi religiosi: potete obbligarci, tramite i vostri servi, con le minacce esplicite o velate. Non ci cambierete dentro.
Il film è stato girato con pochissimi mezzi, le riprese sono durate una settimana. Nell’inquadratura fissa non vediamo i controllori della morale pubblica, posti dietro la telecamera. Avvertiamo il tono neutro della loro voce che improvvisamente diventa autoritario, minaccioso, a volte suadente. Assistiamo all’interrogatorio di cittadini inermi, non accusati, sempre terrorizzati. Lo schermo rappresenta situazioni diverse. Davanti ai controllori della morale, ai poliziotti, agli impiegati degli uffici pubblici sfilano persone che vorrebbero vivere nel mondo di oggi e sono obbligate a piegarsi ad antiche credenze e superstizioni. Si controlla se il comportamento di chi ha fatto una richiesta o è stato chiamato per essere interrogato è confacente a quanto prescritto in un libro di dubbia origine e arbitraria interpretazione.
Siamo all’ufficio anagrafe. Un giovane deve scegliere il nome del figlio appena nato. Non può scegliere il nome che più gli aggrada. Il funzionario ha l’elenco dei nomi consentiti, desunto, evidentemente, dal famoso libro.
«Impossibile!» è la risposta a qualsiasi richiesta rivolta ai quadri intermedi incaricati di controllare il popolo prigioniero.
È impossibile quasi tutto. In sostanza è impossibile agire di testa propria, anche in ambiti strettamente personali. La conseguenza è un continuo di situazioni kafkiane che invadono la vita di tante persone.
Alcuni (potrebbero essere la maggioranza) accettano volentieri le limitazioni e il controllo; sono schiavi che hanno interiorizzato la schiavitù, si sono affezionati alle catene e ritengono giusto estenderle a tutti. Anche se fossero la maggioranza, non hanno il diritto di imporre una fede religiosa (Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo – articolo 18: “Ogni individuo ha diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione”).
Vi sono ragazze che hanno la fortuna di vivere in una democrazia liberale (in Italia) e scelgono di indossare il simbolo di sottomissione, il cencio medioevale che nasconde i capelli, come disse Oriana Fallaci quando intervistò Komeini e riuscì a farlo inca…re, con nostra grande soddisfazione. Facciano pure, se liberamente hanno scelto di essere schiave di una fede o di una tradizione. Non provino a imporla ad altri, anche appartenenti alla loro famiglia, attuale o futura. Nel nostro paese la schiavitù religiosa è vietata dalla Costituzione e dalla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo.
Molte donne che hanno sopportato i padri, hanno sopportato i mariti, sopportano la condizione di inferiorità anche rispetto ai figli maschi, sono le più feroci nel reprimere i comportamenti liberi delle figlie. La speranza poggia sui giovani che nei paesi dominati dal fanatismo religioso vogliono liberarsi, in particolare sulle ragazze. Infatti il regime è feroce soprattutto con le donne giovani. Abbiamo visto anche ragazzi impiccati alle gru in piazza, a titolo di ammonimento.
Il film è basato su esperienze concrete dei due registi e dei loro amici.
In un episodio un regista si confronta con un lecchino del regime che ha l’incarico di supervisionare le sceneggiature dei film per dare o negare la necessaria approvazione.
Il testo è rifiutato dal lecchino perché rappresenta una storia famigliare, drammatica, vera. Il padre del regista e sceneggiatore picchiava la moglie e, con il suo comportamento, ne ha determinato la malattia e la morte. Il regista vorrebbe raccontare il dramma vissuto dalla madre, vittima di una società in cui la donna non ha alcuna possibilità di difendersi. «Impossibile!». Il neorealismo del dopoguerra in Italia non è consentito nell’Iran attuale. Il funzionario ignorante invita a «parlare dei buoni sentimenti».
Un cagnolino è stato catturato dagli agenti e non si sa dove sia. La signora anziana lo cerca nel posto di polizia. La avvertono: per non avere fastidi farà bene a non insistere nella ricerca. Il suo diritto di riavere indietro il cane non conta nulla. Un giovane poliziotto ha pietà della signora; le dice: «Per il suo bene, non insista! Prenda un cane qualsiasi di quelli catturati!».
Per sopravvivere bisogna abbassare la testa, accettare ogni prepotenza. Impossibile una scelta estetica personale non regolata dalla legge. Il controllore può imporre a un giovane che ha chiesto il rinnovo della patente di spogliarsi per verificare se ha dei tatuaggi.
Una donna non può scoprire la testa all’interno della propria autovettura.
La fotografia scattata dall’autovelox fa intravedere la guidatrice priva di hijab. Non è importante l’eventuale infrazione del codice della strada; è importante stabilire se al volante c’era un uomo con i capelli lunghi o una donna. Se c’era una donna ha commesso un reato. Per questo reato alcune ragazze sono state fermate, picchiate, uccise.
I quadri intermedi, i kapò, sempre presenti dove si tortura la gente, si divertono negli interrogatori dei presunti o ipotetici colpevoli.
Uno dei kapò inquisitori costringe un disoccupato in cerca del permesso di lavoro a mimare il lavaggio che deve precedere la preghiera. «Come è prescritto che bisogna lavarsi? Lo sai? Fammi vedere. Dimostrami che conosci le regole».
È una scena che sarebbe comica se non fosse drammatica, umiliante per il pover’uomo obbligato a mostrare come lava le mani (prima la sinistra, poi la destra, o viceversa … non ricordo) fino all’avambraccio; come lava i piedi (il sinistro, fino … eccetera), per prepararsi alla preghiera che avviene prostrandosi con il sedere in aria e la fronte appoggiata sul tappeto.
Non basta: il poveretto in cerca di lavoro deve dimostrare di ricordare a memoria i versetti del libro di dubbia origine e arbitraria interpretazione; guai a confondere una parola con un’altra! Per poter lavorare nell’edilizia bisogna superare un esame di memoria.
Si avverte il divertimento dell’inquisitore di chissà quale infimo rango nell’umiliare un proprio simile. Quando la persona umiliata è una ragazza si avverte il sottofondo sessuale, il tentativo di approccio, l’irritazione se la ragazza resiste.
Che cosa c’è dietro a tutto questo?
Innanzitutto la repressione sessuale, poi il gusto del potere (forse sono la stessa cosa).
Il gusto del potere si trasmette lungo i gironi infernali in cui è organizzata la banda. Al vertice ci sono i ridicoli sacerdoti coi turbanti. Pieni di sé, si illudono di possedere la verità (secondo me fingono per interesse). Detengono il potere assoluto; solo loro possono dare l’interpretazione autentica, anche se arbitraria, del testo di dubbia origine.
Il fanatismo religioso è legge in molti paesi, non solo in Iran, con molteplici varianti.