
25 maggio 2023 h 17.30
Cinema Principe Firenze – Viale Giacomo Matteotti
Film di Marco Bellocchio su questo sito: // Buongiorno, notte // Marx può aspettare // Esterno notte: prima parte // Esterno notte: seconda parte // Rapito //
“La Storia siamo noi“
// Campo di battaglia (la prima guerra mondiale) // La zona d’interesse (la penetrazione del nazismo nelle coscienze) // Napoleon (1769 – 1821) // Oppenheimer (l’inizio dell’era nucleare) // Casablanca (amore e guerra) // Rapito (il caso Mortara) // “Buongiorno, notte” e “Esterno notte: prima parte” (stesso commento; il caso Moro) // “Esterno notte: seconda parte” (il caso Moro) // Belfast (il conflitto nordirlandese) // L’ombra del giorno (fascismo e persecuzione degli ebrei) // Illusioni perdute (la società francese negli anni della Restaurazione) // Est Dittatura Last Minute (i paesi dell’Est negli anni dell’Unione Sovietica) // 1917 (la prima guerra mondiale) // Jojo Rabbit (nazismo) // Herzog incontra Gorbaciov (la fine dell’Unione Sovietica) // Hammamet (la fine di Craxi) // J’accuse (il caso Dreyfus) // La Favorita (i guai della Gran Bretagna al tempo della regina Anna, 1708) // Cold War (la guerra fredda) //
Religioni e/o superstizioni
// Il seme del fico sacro (Islam) // Il mio giardino persiano (Islam) // The Miracle Club // C’è ancora domani (il matrimonio cattolico) // Kafka a Teheran (Islam) // Rapito (Il Papa Re) // Benedetta (Cattolicesimo) // Holy Spider (Islam) // Profeti (Islam) // Chiara (Cattolicesimo) // Gli orsi non esistono (Islam) // Alla vita (Ebraismo ortodosso) // Il male non esiste (Islam) // Un eroe (Islam) // The Youngest (Ebraismo ortodosso) // Covered up (Ebraismo ortodosso) // Corpus Christi (Cattolicesimo) // Un divano a Tunisi (Islam e psicanalisi) // The dead don’t die (nel commento: fede e dubbio) // Mug Un’altra vita (Cattolicesimo polacco) // Il settimo sigillo (il silenzio di Dio) // L’apparizione (Cattolicesimo) // Cosa dirà la gente (Islam) // Io c’è (religione e denaro) // The Young Pope (Cattolicesimo) //
“Rapito”, regia di Marco Bellocchio, al cinema e su RaiPlay.
Sul caso Mortara (Bologna 1858) ci sono almeno tre libri importanti.
David Kertzer – Prigioniero del Papa Re
Daniele Scalise – Il caso Mortara
Vittorio Messori – Io, il bambino ebreo rapito da Pio IX. Il memoriale inedito del protagonista del caso Mortara
C’è questo film di Marco Bellocchio, una ricostruzione dei fatti e del periodo storico emozionante per l’accuratezza di ogni dettaglio.
Oltre ai libri e al film ci sono i documenti dei processi, gli articoli dei giornali, le dichiarazioni dei politici e degli intellettuali dell’epoca, testimonianze delle persone di famiglia, il memoriale del povero Edgardo.
Il rapimento del bambino impressionò l’opinione pubblica mondiale, in particolare impressionò le comunità ebraiche.
Nel Museo Ebraico di Francoforte sul Meno è conservato un quadro dipinto nel 1862, quattro anni dopo l’inizio e in piena persistenza del rapimento, da Moritz Daniel Oppenheim (1800 – 1882)

Non so se il caso suscitò la stessa impressione nelle comunità cattoliche e quale reazione ebbero nell’intimo le madri e i padri della nostra penisola; non so se superarono il razzismo indotto dalle gerarchie ecclesiastiche, se riuscirono a identificarsi con i poveri genitori di Edgardo.
Sono pessimista a riguardo: sicuramente la maggioranza delle persone, in ambiente cattolico, fu distolta dalla “pietà cristiana” (sembra un ossimoro) dai preti, dalle monache, dai frati, dai vescovi, dalle associazioni parrocchiali, dalla fitta rete di influencer (oggi si chiamerebbero così) che a quei tempi riuscivano a influire sulle coscienze fino a distoglierle dai sentimenti naturali.
Se fin dall’infanzia ti hanno inculcato l’odio per gli ebrei – addirittura durante la messa del Venerdì Santo (Oremus et pro perfidis Judaeis, che significa “infedeli”, ma sicuramente la gente intendeva “perfidi”) fino a Papa Giovanni XXIII e al Concilio Vaticano II – sei portato a dimenticare che il buon samaritano, Cristo, la Madonna, San Giuseppe, gli apostoli e Paolo di Tarso erano ebrei e furono devoti all’antica legge (“antiquum documentum”) fino alla morte. Il rapimento fu un argomento in più negli ambienti liberali per sottolineare la necessità di abolire un potere assoluto che, per fortuna, aveva cominciato a vacillare.
Dal memoriale di Edgardo Mortara risulta la conversione al cattolicesimo confermata in età adulta; il rapimento, secondo alcuni, non fu un rapimento in quanto in quegli anni a Bologna vigeva la legge canonica che stabiliva: un bambino cristiano (battezzato) non può essere cresciuto in una famiglia non cristiana. Sulla base di questa legge inumana la chiesa cattolica aveva assunto la connotazione di una banda di rapitori.
Il meccanismo era semplice: definisco cristiano chi ha ricevuto un po’ di acqua sulla fronte dal prete. Un bambino battezzato dev’essere sottratto alla famiglia non cristiana. La banda giustifica il rapimento con le sue leggi. Più furbi del diavolo: fanno le pentole e anche i coperchi.
Dire che i delinquenti non erano delinquenti in quanto applicavano la legge vigente è come dire che i nazisti non si potevano processare per delitti commessi in applicazione delle leggi dello stato in cui vivevano. È l’argomento della difesa nel processo di Norimberga.
Alcuni rinforzano l’argomento: Pio IX agiva sulla base di leggi che considerava sacre (Non possumus).
Se fossero coerenti con questa posizione dovrebbero giustificare i terroristi islamici convinti di applicare la legge divina mentre scatenano i peggiori istinti animali di sopraffazione.
La definizione di delitto contro l’umanità si applica a qualunque delitto commesso in qualunque stato, in qualunque tempo, sotto qualunque legge vigente (Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo). Altro è il discorso del processo e della eventuale condanna, cioè la possibilità di applicare i principi. Purtroppo, dopo un periodo di speranze, si è rivelata appieno la nostra incapacità di dare forza alle organizzazioni internazionali e siamo tornati all’epoca del sovranismo (in realtà non ne siamo mai usciti).
Torniamo agli argomenti dei difensori del capobanda.
Se affermiamo che il rapimento abbia trovato una giustificazione nella conversione di Edgardo, stiamo dicendo che un atto violento non è un atto violento se ha conseguenze che riteniamo positive per chi l’ha subito.
Dunque: via libera alla violenza! Nessuna considerazione delle sofferenze delle vittime: il bambino, la madre, il padre, i fratelli, la comunità da cui Edgardo fu strappato.
Portando alle estreme conseguenze questo argomento, sarebbe ammessa la tortura per convertire gli infedeli. Quante popolazioni del “nuovo mondo” e africane sono state convinte in questo modo ad abbracciare la fede! Non si vedono grosse differenze tra cattolici, protestanti e altre confessioni religiose.
Nel memoriale che ci ha lasciato, al termine di una lunga vita, Edgardo Mortara riferì ricordi che testimoniavano un progressivo distacco dalla famiglia di origine.
Il ricordo di un fatto doloroso è modificato da ciò che è accaduto dopo il trauma iniziale e dai meccanismi di difesa messi in atto.
La vittima di un rapimento, in particolare se è un bambino, nel ricordare la violenza subita non va al se stesso dei momenti in cui è stato sottratto agli affetti (troppo doloroso il ricordo), va al se stesso di un tempo successivo, dopo l’elaborazione del lutto, il superamento del trauma, il raggiungimento di un nuovo equilibrio.
Ciò accade soprattutto se la violenza dura a lungo e tra rapitori e rapito si stabilisce un legame che, col passare del tempo, diventa affettivo.
È accaduto che alcuni rapiti abbiano vissuto la cosiddetta sindrome di Stoccolma nei confronti di bande di delinquenti improvvisate e malmesse. È accaduto con adulti. Figuriamoci che cosa poteva ottenere una banda ben organizzata che aveva a disposizione un istituto per la “rieducazione” dei bambini rapiti.
Il rapimento Mortara non fu l’unico, fu solo quello che riuscì a penetrare nell’opinione pubblica per il tentativo di resistere messo in atto senza successo dai genitori, che non si arresero facilmente, e perché avvenne in un momento in cui il potere assoluto del Papa si era indebolito e Pio IX (questo è il nome del capobanda) stava per perdere una parte del potere.
La chiesa cattolica aveva acquisito una lunga esperienza e elaborato un metodo senza eguali.
I gulag sovietici e i campi della cosiddetta “Rivoluzione culturale” cinese trattavano soprattutto adulti ed erano basati sulla ripetizione ossessiva del trauma (continuo a colpirti fino a provocare il cedimento della tua volontà). Nella “Domus Catecumenorum” si cercava di favorire il superamento del trauma iniziale e si agevolava la confusione tra rapitore e salvatore. Lo scopo era legare indissolubilmente, con un legame affettivo, vittima e carnefice.
Se i bambini fossero stati affidati in adozione a famiglie cattoliche, crescendo avrebbero vissuto le contraddizioni che nelle famiglie reali allontanano i giovani dalla Chiesa. Si sa che la cosiddetta “famiglia naturale” è il mezzo più veloce per disperdere la fede.
I rapiti erano inseriti in un grande gruppo (coetanei a cui si affezionavano, figure materne, figure paterne) che dava protezione e affetto severo. Diventavano parte di una famiglia allargata, astratta, ferrea, inossidabile nei suoi principi eterni, nelle sue certezze, mai scalfita dal dubbio, basata su dogmi, riferimento sicuro nel mare in tempesta della vita.
Che situazione riposante, soprattutto dopo un trauma! Potersi affidare a una nave inaffondabile che chiede solo: china la testa (realmente e metaforicamente).
Sui fatti di Edgardo Mortara ci sono opinioni diverse, come è giusto che sia.
Proposta: riusciamo a condividere tutti, cattolici e non cattolici, credenti, agnostici e atei, l’affermazione seguente?
Lo sviluppo della personalità di un bambino rapito quando non aveva compiuto sette anni fu alterato dagli eventi successivi, dalla sensazione di trovarsi in una condizione di “dominio incontrollato”.
I poveri genitori furono percepiti come la parte debole perché non riuscirono a salvarlo.
Se tuo padre non ha mantenuto la promessa («Ti prometto che ti riporteremo a casa»), il rapitore diventa padre, tanto più se è potente, invincibile, portato in trono, adorato dai fedeli e ben disposto a gratificarti con manifestazioni di benevolenza.
Severo ma ben disposto nei tuoi confronti se impari a memoria e ripeti in continuazione le preghiere, se pieghi la testa fino a baciare per terra a un suo ordine. La chiesa cattolica sapeva agire sulla suggestione e sulla paura.
La scena più bella? I popolani romani, dopo Porta Pia, volevano buttare nel Tevere la bara di Pio IX; Edgardo ritrova un momento di lucidità, ricorda il dolore subìto, la madre disperata. Per un momento si unisce ai popolani.
Non so se la bara fu realmente buttata nel Tevere, gesto inutile perché avrebbero dovuto ribellarsi quando era vivo, non dopo morto.
Credo che questo momento di lucidità di Edgardo sia una fantasia del regista. La realtà è che tornò nel buio in cui era stato costretto. Pur rimanendo prete cattolico fino a novant’anni, fu afflitto da numerose malattie (psicosomatiche?) che lo costrinsero a letto per lunghi periodi.
Quando ha smesso di far entrare la politica ideologica nei suoi film (mi riferisco al periodo giovanile “filocinese”), quando si è liberato dell’influenza di uno psicanalista avventuroso (in età adulta), Marco Bellocchio si è rivelato un grande, geniale raccontatore di storie.