22 febbraio 2023 h 17.00
Cinema Odeon Pisa – piazza San Paolo all’Orto

Amicizia (scoperta, coltivata o tradita)
// Casablanca (Rick e Sam, Rick e Louis) // Bassifondi // Animal House // La quattordicesima domenica del tempo ordinario // La Primavera della mia vita (Colapesce e Dimartino) // Gli spiriti dell’isola (fine di un’amicizia) // Close (l’amico del cuore) // Nostalgia (gli amici si ammazzano, non si dimenticano) // Cry Macho (tra un vecchio e un ragazzo) // Mi chiamo Mattia (racconto) // Lontano Lontano (amicizia tra anziani) // 1917 (amicizia sotto le armi) // Stan & Ollie (amicizia tra artisti) // Copia originale [Can you ever forgive me?] (tra due tipi eccentrici) // Green Book (tra un italoamericano e un afroamericano) // Il mio Capolavoro (tra pittore e gallerista) // Moschettieri del Re (amicizia mitica) // Lazzaro felice (tra emarginati) // The Shape of Water [La forma dell’acqua] (tra individui “diversi”) //

Umorismo (fa bene ridere)
// Romeo è Giulietta // La Primavera della mia vita // Il discorso perfetto // Una famiglia mostruosa // Mandibules // Odio l’estate // Jojo Rabbit // Tolo Tolo // Il colpo del cane // Stan & Ollie // Moschettieri del re // Il Grinch // Achille Tarallo // L’incredibile viaggio del fachiro // Favola // Una festa esagerata // Metti la nonna nel freezer // Come un gatto in tangenziale // The Disaster Artist // C’est la vie: prendila come viene //

Mi piacciono i versi delle canzoni di Colapesce e Dimartino.
Splash

Campi sconfinati che si arrendono alla sera.
Qualche finestra accesa,
mentre il vento arpeggia una ringhiera.
Tu vivresti qui per sempre,
dici che dovrei staccare un po’ la mente.
Ma io …

Nelle loro canzoni posso aspettarmi versi folgoranti come questi, o divertenti.
Invito a fare attenzione alle canzoni di Colapesce e Dimartino: nascondono le intenzioni dietro una melodia semplice, un’aria scanzonata, un po’ come faceva Rino Gaetano, e danno sorprese nei testi.
Come tutti quelli che conoscono bene il proprio dialetto, Dimartino e Colapesce sanno usare bene la lingua italiana.
Nel film La primavera della mia vita, di cui racconto la trama (chi non gradisce si fermi pure nella lettura), si sente molto la lingua siciliana, perché si svolge interamente in Sicilia, tranne una piccola premessa a Milano. Siamo aiutati dai sottotitoli.
Non solo si sente per tutto il film la musica della lingua siciliana, ma è siciliano il modo di parlare dei personaggi – lento, filosofico – anche quando, in italiano, il meccanico spiega che cosa è successo alla macchina («Il radiatore è come la nostra anima»).
I personaggi principali sono due cantautori che tre anni prima hanno sciolto il duo per incomprensioni reciproche e per una insoddisfazione di fondo, soprattutto del più calmo dei due, che chiameremo: il barbuto.
L’altro dorme male, fuma molto, si agita, è rancoroso e ingoia pillole in continuazione; lo chiameremo: il nervoso.
Il film racconta il raggiungimento della pace da parte del barbuto attraverso la redenzione del nervoso, che supera alcune prove e alla fine accetta un dato che è davanti agli occhi di tutti, ma è difficile da accettare: la realtà è molto più complessa, profonda e strana di come appare.
Naturalmente l’atmosfera è ironica e solo apparentemente new age.
La redenzione avviene attraverso un viaggio, come tutte le redenzioni degne di questo nome:
– Dante nella Divina Commedia;
– più indietro nel tempo: Ulisse;
– più avanti: The Blues Brothers;
– avanti e indietro nel tempo e nello spazio: il Cammino di Santiago de Compostela.

I due amici compiono un viaggio alla scoperta dei misteri della Sicilia.
Scopo apparente del viaggio: scrivere un libro fotografico; il libro è un trucco escogitato dal barbuto per coinvolgere il nervoso.
Scopo reale: il barbuto è entrato nell’antico ordine semenita (Tutankhamon, l’imperatore Federico II, l’ammiraglio Nelson), che ha il mandorlo come albero simbolo. Grazie alla riscoperta della loro grande amicizia, il nervoso potrà fargli da testimone necessario per attuare una straordinaria trasformazione finale.

Il film oscilla continuamente tra mito, invenzioni burlesche e trovate divertenti.
Dopo la visita alla grotta dei lestrigoni (giganti antropofagi) – abitavano l’isola in tempi antichi e indossavano il doppio petto salmonato, ovviamente di proporzioni adeguate alle loro dimensioni – vanno a cena nel ristorante L’astice fuggente.
Il ristorante offre ai clienti, compresa nel menu, l’esperienza della rapina.
È un’idea sviluppata nel film Ammore e Malavita (fratelli Manetti, 2017).
I turisti americani a Napoli sono accompagnati da una guida a visitare le vele di Scampia. Nella visita è compreso lo scippo, un’esperienza che non può mancare tra i ricordi del turista. Senza lo scippo rimarrebbe deluso.
Nel ristorante L’astice fuggente si prova il brivido della “cena a mano armata”, con applauso finale ai rapinatori.
La proprietaria del ristorante mostra un video che illustra tutte le esperienze mafiose che si possono associare alla cena: il regolamento di conti, il summit degli affiliati alle cosche, l’incontro con il padrino. L’organizzazione si chiama Speedy Pizzo.
Nelle tappe del viaggio vediamo luoghi e paesaggi siciliani poco visitati dal turismo: ambienti naturali che non sfigurerebbero in un western americano classico.

Uno degli episodi coinvolge il professore Roberto Vecchioni, che partecipa con stile, eleganza e divertimento.
È dimostrato, lo sanno tutti, che Shakespeare era siciliano, più precisamente di Messina.
Fu costretto a scappare a Londra perché perseguitato dalla santa inquisizione; il suo nome vero, spiega il professore Vecchioni, era Scrollalancia.
Scrolla corrisponde all’inglese Shake; Lancia corrisponde a Speare.
Dunque: Scrollalancia diventò Shakespeare.
Da una lettera commovente del Bardo in esilio alla madre a Messina scopriamo che Giulietta e Romeo erano in realtà compare Turi e donna Rosa e la loro triste storia si svolse a Capo d’Orlando. Fu la lobby degli editori (un complotto internazionale) a cambiare il nome dei due e a trasferirli a Verona.
A conferma ci viene presentato un pronipote del grande Guglielmo, che provvisoriamente vende patate con un camioncino e pubblicizza la merce con versi shakespeariani tipo: La carne sembra poca senza le patate (in siciliano).

Stranamente, il nervoso non sembra molto convinto. Ma lui appartiene alla genia degli uomini che cercano la verità nelle pillole e non si arrendono davanti a femori giganteschi, a pirati spacciatori su galeoni autentici, a una panetteria che produce un pane davvero speciale.
Il barbuto, aderendo all’antico ordine semenita, veste di bianco (come i Bee Gees di How deep is your love), si nutre solo di semi e dorme in piedi.
Come fai a dormire in piedi? Gli chiede il nervoso e, onestamente, ci siamo chiesti anche noi spettatori e ne abbiamo discusso nel corso di un breve intervallo.
I soliti scettici dicevano che è impossibile e stavano quasi per andare alla cassa per chiedere la restituzione dei soldi del biglietto d’ingresso. Si sentiva, secondo la provenienza degli spettatori: «ci hanno presi per boccaloni», «ci trattano da grulli», «sono tutte minghiate», «cazzate», «belinate», «monate» e altre espressioni e parole colorite.
Alla ripresa dopo l’intervallo il barbuto ha convinto tutti (gli spettatori in sala e il nervoso sullo schermo) con una spiegazione semplice, efficace, logica: «si tratta di equilibrio cosmico lombare», ha detto, «ti metti in piedi e dormi». Più chiaro di così!

Dopo altre esperienze (la riunione dei seguaci dei Doors, tutti vestiti e con le acconciature alla Jim Morrison) e scoperte eccezionali (la statua di Garibaldi che piange, la teiera più grande del mondo) si avvicina la meta.
Per un momento il barbuto cede alla tentazione di un panino col prosciutto (i semeniti si nutrono esclusivamente di semi), ma è solo un attimo di smarrimento. Poi riesce a convincere il nervoso, in nome della loro grande amicizia, a fargli da testimone nella trasformazione che avverrà il 21 settembre, data finale della missione («The band!»), quando il barbuto potrà donare il corpo alla terra per trasformarsi in un bellissimo albero: un mandorlo che in primavera ha una splendida fioritura. Superate le prove, redento il testimone amico, accompagnati dal “coro degli albini” (affetti da carenza di melanina), la cerimonia può aver luogo.

Passa qualche anno e il nervoso (ora più calmo) porta la sua bambina a giocare sotto al mandorlo fiorito. Poi vanno via e la bambina saluta l’albero con la manina: ciao zio.
Un film divertente.
Molto bello anche il video ufficiale di Splash (testo e musica di Colapesce e Dimartino, regia di Zavvo Nicolosi), pieno di riferimenti per cinefili e di immagini enigmatiche. Bello e interessante. Si trova su YouTube.

Campi sconfinati che si arrendono alla sera.
Qualche finestra accesa,
mentre il vento arpeggia una ringhiera.
Tu vivresti qui per sempre,
dici che dovrei staccare un po’ la mente.
Ma io …
Ma io lavoro per non stare con te.
Preferisco il rumore delle metro affollate
a quello del mare.
Ma che mare, ma che mare,
meglio soli su una nave
per non sentire il peso delle aspettative.
Travolti dall’immensità del blu.
Vorrei svegliarmi più tardi al mattino,
cambiare vita, baciarti nel grano,
in Sudamerica.
Ma l’entusiasmo poi se ne va.
Questa sera mi nascondo
mentre i miei pensieri vanno per il mondo.
Ma io …
Ma io lavoro
per non stare con te.
Preferisco il rumore delle metro affollate
a quello del mare.
Ma che mare, ma che mare,
meglio soli su una nave
per non sentire il peso delle aspettative.
Travolti dall’immensità del blu.
Sorrido alle Seychelles.
Mi annoio a Panama.
La vita è un baccarat.
Balliamo, vieni qua, perdonami.
Non ci capisco mai.
Mi dici lascia stare. Sono qua.
Ma io …
Io …
Ma io lavoro per non stare con te.
Preferisco il rumore dei cantieri infiniti
a quello del mare.
Ma che mare, ma che mare.
Come stronzi galleggiare,
per non sentire il peso delle aspettative.
Vado via senza te.
Mi tuffo nell’immensità del blu.
Splash