20 maggio 2023 h 17.30
Cinema Adriano Firenze – via Giandomenico Romagnosi, 46

I vecchi
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“Scordato” ha due significati.
1) è scordato uno strumento musicale che non produce le note giuste: va accordato.
2) participio passato di scordare: dimenticare.
«Eppur mi son scordato di te / come ho fatto non so» (Battisti, Mogol). In questa accezione è usato soprattutto nei dialetti meridionali. Non ho fatto un’indagine, ma credo di non avere mai sentito un toscano o un trentino usare scordato per dire dimenticato.

Il titolo del film si riferisce al primo significato, ma credo contenga anche il secondo.
Il personaggio interpretato da Rocco Papaleo ha vissuto gli ultimi anni cercando di dimenticare il mondo da cui proviene; questa è stata la sua reazione a un dramma e a un dolore vissuto in famiglia anni prima.
La felicità è fuggita dalla vita di Orlando, accordatore di pianoforte, nato a Lauria, in provincia di Matera, trasferito a Salerno da quando un fatto assai grave colpì e affondò la sua famiglia: l’unica sorella, coinvolta in un’azione delle brigate rosse, finì in carcere senza sconti di pena in quanto irriducibile. Lui andò via.

Ora Orlando deve festeggiare il sessantesimo compleanno, ma non ha motivo di fare festa.
Il segno della mancanza di accordatura della sua vita è una contrattura dello scheletro che ogni tanto causa fitte dolorosissime.
Questo è l’ingrediente drammatico del film, mescolato male con l’ingrediente comico. Il risultato a me piace, nonostante l’amalgama tra gli ingredienti non sia riuscito.

Consiglio non richiesto agli attori bravi quando decidono di fare un film: dato che non tutti nascono Massimo Troisi, il consiglio è di affidarsi a registi professionisti.

Il piatto cucinato, direi con generosità, da Rocco Papaleo contiene bocconcini gustosi, ciascuno per proprio conto: è la mancanza di amalgama che fa difetto.
Innanzitutto è da apprezzare l’omaggio a un poeta troppo trascurato e dimenticato, forse anche nella sua terra d’origine: Rocco Scotellaro (Tricarico, provincia di Matera, 19 aprile 1923 – Portici, provincia di Napoli, 15 dicembre 1953).

Lucania (1940)
M’accompagna lo zirlio dei grilli
e il suono del campano al collo
d’un’inquieta capretta.
Il vento mi fascia
di sottilissimi nastri d’argento
e là, nell’ombra delle nubi sperduto
giace in frantumi un paesetto lucano.

Primavera (1941)
Stanotte il cielo è un mandorlo fiorito
e nella valle il cuculo già freme.

Perché mi piace tanto questa poesia di due versi? Perché non sfigurerebbe se si trovasse dentro a “Nel mezzo del cammin di nostra vita / Mi ritrovai per una selva oscura / …”.
Due endecasillabi perfetti. Nel contare i versi tenere presente la sinalefe: sta-no-tteil-ce-loeun-man-dor-lo-fio-ri-to / e-ne-lla-va-lleil-cu-cu-lo-già-fre-me. Accenti ritmici sulla sesta e sulla decima sillaba, come, generalmente, nei versi di Dante.

Battuta memorabile. «L’accordatore elettronico non sostituisce l’uomo perché l’accordatura del pianoforte non è un fatto oggettivo, è una scelta del musicista. In sostanza per ciascuno l’accordatura ottimale è la somma di tante piccole scordature». Non so se ho capito bene il concetto e lo riporto a memoria. È come dire che ognuno di noi ha il proprio accordo con la vita, fatto anche dei difetti, limiti, rimpianti, motivi di infelicità che dobbiamo imparare ad accettare. Altrimenti: contrattura, crampo, dolore.
Mi piace l’entusiasmo di Orlando (Rocco Papaleo) quando sente alla radio che Matera è stata scelta come capitale italiana della cultura 2019, nonostante non riesca a trasmetterlo ai compaesani, completamente svuotati della speranza di riscatto di terre abbandonate per troppo tempo.
All’inizio vediamo Orlando depresso (lo sarà quasi fino alla fine) mentre tenta di portare a conclusione incontri sessuali avviati senza entusiasmo, quasi per “senso del dovere”, con donne che non lo attraggono. I tentativi sono interrotti dalla contrattura dolorosa dello scheletro, che si ripete nei momenti più impensabili.
Dopo l’incontro con una donna bella e invitante (la fisioterapista) si accorge di avere equivocato il suo atteggiamento: la ragazza è generosa ma solo interessata al suo caso, non ad altro.
Una donna può mostrarsi disponibile fino a baciarti dolcemente e poi dirti: «Ho appena avuto un rapporto sessuale con il mio ragazzo».
Se per questo, all’inverso, anche un uomo può farlo.
I rapporti tra i sessi sono costellati di equivoci: troppa ipocrisia abbiamo sovrapposto a questo aspetto naturale della vita di relazione, troppe convenzioni sociali e sovrastrutture.

La fisioterapista era solo interessata a un caso curioso: il caso di uno che vede se stesso giovane in carne e ossa come fosse un’altra persona con la quale parla, litiga, ne ascolta i consigli e i suggerimenti. Ovviamente la vede solo lui.
Orlando è affetto da questa allucinazione e lo racconta alla fisioterapista.
Siccome la ragazza non è uno psichiatra, ci aspetteremmo che trovi una scusa per allontanarsi rapidamente (Orlando potrebbe essere pazzo furioso, potrebbe cominciare con lo stalking).
Ma siamo in un film e dunque la giovane donna si interessa al caso di questo depresso maniacale con tendenza alla schizofrenia (scissione della personalità) e gli dà un passaggio in macchina per Lauria, il paese di origine, dove Orlando, nella casa materna, deve trovare una fotografia da giovane in costume da bagno.
Domanda agli sceneggiatori: una scusa fatta un poco meglio, un po’ più verosimile per far viaggiare i due insieme non la potevate trovare?
La fotografia serve alla fisioterapista per capire l’origine della contrattura dolorosa di cui Orlando soffre.
Una cosa complicata, giusto per avviare il racconto che si basa sul ritorno, dopo tanto tempo, al paese natio.

Non voglio fare il criticone. Si capisce benissimo che il doppio è una metafora e rappresenta una situazione in realtà abbastanza diffusa: continuamente discutiamo con noi stessi; il nostro “io” ci suggerisce di fare una cosa e una vocina interna la mette in discussione.
La particolarità consiste nel fatto che non c’è solo la vocina: il giovane Orlando è proprio un’altra persona, che peraltro assomiglia poco a Rocco Papaleo, ma questo è un dettaglio.
La cosa bella, segno di grande bravura dei due attori (Rocco e Simone Corbisiero) è che a un certo punto ci crediamo: i due attori riescono a convincerci quando parlano tra loro, anche grazie alle battute fulminanti.
Ho sentito provenire, da una sala abbastanza piena, molte risate. Questo è un buon segno.

Allora: tutto bene?
Non proprio tutto.

La cantante Giorgia si è dimostrata spigliata e sicura di sé nella parte della fisioterapista.
Ma che bisogno c’era di inventarsi l’esibizione in un albergo, davanti a un pubblico, esibizione a cui la fisioterapista doveva partecipare per giustificare il viaggio a Lauria dei due personaggi? Orlando torna a Lauria la prima volta con mezzi propri (treno e autostop in conseguenza di una impuntatura col tassista), la seconda volta in macchina con la fisioterapista, la quale deve esibirsi come cantante.
Gli sceneggiatori, tra i quali lo stesso Rocco Papaleo, avranno pensato: abbiamo Giorgia, facciamola cantare.
Forzatura che fa parte del cattivo amalgama tra la commedia e il dramma che caratterizza il piatto cucinato, buono se consideriamo alcuni singoli bocconi, nel complesso insoddisfacente. Se il film fosse stato solo una commedia leggera, ci sta. Ma è anche un dramma pesante. Il dramma leggero è, con tutto il rispetto, fuori della portata.

Un’altra semplificazione: il viaggio è la cura per ogni cosa, il ritorno alla terra d’origine è lo strumento per ritrovare la propria identità, per ritrovare l’accordatura. Troppo facile.

Le cose, nella vita, sono più complicate. Non solo noi cambiamo e ci scordiamo del passato, anche il passato si scorda di se stesso. In che senso?
Nel senso che i luoghi e le persone cambiano, i vecchi della nostra infanzia sono morti, i nostri coetanei, amici e famigliari, hanno avuto la loro vita e si ricordano di noi, certamente, ma sanno che noi siamo diversi da come eravamo, e loro sono diversi da come erano.
Le case, le vie, le gelaterie (per citare l’ultimo film di Pupi Avati, anch’esso basato sui ricordi) sono diventate altro, le immagini presenti nella nostra memoria si ritrovano solo guardando una fotografia. Non esistono più perché non c’è più quell’io che le guardava.
Tra passato e presente non ci riconosciamo più reciprocamente: altre vite, altri luoghi, altre storie.
Tutto scorre. Pensare di poter vedere la stessa acqua del fiume nel punto esatto dove l’abbiamo vista la prima volta è un’illusione.

In effetti anche nel film le cose sono cambiate: l’albergo “Àncora” è diventato albergo “Ànfora”, il vecchio professore, incontrato per caso, racconta una storia – diciamo la verità – troppo complicata.
Non riuscivano a chiudere la trama; si doveva dare un po’ di spessore al professore (finora sembrava solo uno stronzo) e alla madre (sembrava solo una bella donna superficiale); ecco la soluzione: la dedica sul libro in realtà era indirizzata alla madre, non alla sorella (così interrompiamo la spedizione punitiva di Orlando e del suo doppio); Orlando non ha mai saputo che la madre, rimasta sola dopo la morte dell’albergatore, aveva ripreso gli studi, si era laureata, aveva iniziato una relazione col professore … … ….
Alla fine tutto si risolve con una visita in carcere. Questa soluzione, nella vita, è possibile solo se è l’inizio di un percorso.
Braccio ingessato come in un momento bello della giovinezza, Orlando va a trovare la sorella. La trova terribilmente invecchiata. Lui è pronto, finalmente, a “perdonare e essere perdonato”.
Dalla visita Orlando esce riaccordato e sorridente.

Io credo che l’incontro dopo tanti anni con una sorella che ha sbagliato – ma è una persona a cui si è voluto, a cui si vuole bene – non basti per risolvere le contratture fisiche e psichiche che la rigidità, il rancore conservato per troppo tempo, fino a diventare vecchi, ha causato.
In tutti questi anni la donna avrà avuto bisogno di aiuto per affrontare la vita nel carcere e non l’ha trovato nell’unico fratello.
Un singolo gesto tardivo difficilmente riesce a riallacciare un rapporto affettivo. Possiamo supporre che, dopo la prima visita, Orlando torni nel carcere ogni tanto, porti conforto alla sorella, insieme alle cose di cui ha bisogno. Supponiamo che, quando uscirà dal carcere, l’aiuti a ricominciare. In questo modo chiuderà veramente col passato triste e ritroverà le note necessarie per vivere nel presente.