11 dicembre 2023 h 17.40 e 21.00
Cinema Flora Atelier Firenze – piazza Dalmazia, 2r
I vecchi
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Due film di registi ultraottantenni: Woody Allen e Ken Loach.
Il primo ha al suo attivo autentici capolavori (Manhattan, Annie Hall, Radio Days, Zelig e altri); il secondo ha realizzato film impegnati e ben confezionati, dei quali il più bello è Terra e Libertà (1995).
Ora lavorano a memoria: stile, argomenti e ambienti collaudati. Marchio d’autore. Niente sorprese.
Giustamente sono considerati maestri, i produttori non corrono rischi: i due dispongono di un pubblico affezionato e fedele.
Ammiro molto entrambi e considero il primo un genio del cinema. Però la prevedibilità mi dà fastidio. Mi sembra che un autore, un maestro, debba stupirci.
Woody Allen ha una visione cinica delle cose del mondo; nei suoi film l’unica esperienza che rende la vita degna di essere vissuta è la forte attrazione fisica reciproca tra due persone (corpo, mente, tutto): un’esperienza legata soprattutto all’adolescenza; può capitare anche nell’età adulta e si può rivivere da vecchi come ricordo e fonte di amicizia profonda. Superata la lunga fase del mondo artistico e intellettuale newyorkese («funziona solo a New York» diceva il suo amico in Manhattan), negli ultimi film Woody Allen si muove in un ambiente cosmopolita e di alta classe economica. I suoi personaggi parlano una lingua diversa dalla sua; non possiamo aspettarci le battute fulminanti dei vecchi film.
Ken Loach si è sempre occupato degli ultimi, che una volta si chiamavano proletari e sottoproletari. Lui continua a chiamarli proletari e sottoproletari, anche se non hanno più la coscienza di classe (i primi), si sono dispersi nella società, si sono chiusi in se stessi, non si ritrovano più nei pub o nelle sedi del Labour Party per preparare le manifestazioni sindacali e gli scioperi, sono privi di un comune denominatore, in balia delle onde del populismo di destra.
Come si fa a convincere i ragazzini di un quartiere periferico che la bambina figlia di immigrati ha diritto a ricevere in dono una bicicletta?
La guardano con invidia e con astio, perché anche loro desiderano una bicicletta; le organizzazioni caritatevoli non possono andare dietro a tutti e cercano di aiutare i nuovi poveri, gli immigrati.
I vecchi sono ancora più astiosi contro gli stranieri che occupano le case abbandonate da quando le miniere sono chiuse e i giovani sono andati via. L’ambiente fisico ne ha guadagnato in salute, l’ambiente sociale si è sfaldato.
Le case comprate con i sacrifici di una vita ora valgono poco.
Le famiglie siriane scappate dalla guerra, arrivate in Gran Bretagna dopo un lungo percorso, pieno di pericoli e sofferenze, trovano un proletariato (ciò che ne rimane) poco disposto ad accoglierle.
Alla fine il regista risolve i conflitti alla sua maniera (love and peace: volemose bene), ma – non me ne voglia – mi dà l’impressione della favola natalizia.
I due film (Woody Allen: Un colpo di fortuna – Ken Loach: The Old Oak) sono scontati. Dopo l’incipit, o poco oltre, sappiamo che cosa succederà: nel primo la vecchia svampita si metterà a collegare indizi, nel secondo i buoni sentimenti prevarranno sulla diffidenza verso gli stranieri.
Sembra di vedere film già visti; ciononostante seguiamo con attenzione ciò che accade sullo schermo, per due motivi: 1) per rispetto; 2) perché i maestri conoscono il loro mestiere e sono bravi a dare le svolte giuste.
Sarebbe stato interessante scambiare la sceneggiatura dei due film tra i due registi: dare a Woody Allen la sceneggiatura di The Old Oak e a Ken Loach la sceneggiatura di Un colpo di fortuna, lasciando a ciascuno la possibilità di apportare modifiche.
Secondo me Woody Allen non avrebbe trascurato un aspetto che Ken Loach ha completamente ignorato: l’attrazione fisica che TJ Ballantyne prova per Yara, la bella immigrata siriana appassionata di fotografia.
Per Ken Loach il personaggio buono è privo di spinte sessuali, nonostante sia rimasto solo e il pub sia frequentato da vecchi acidi e da vecchie semialcolizzate. Sarebbe stata interessante una storia d’amore (non solo amore universale) all’interno di un film impegnato a ritrovare la solidarietà, difficile, tra gli ultimi e il senso di comunità, ancora più difficile quando si confrontano culture diverse.
Credo che Woody Allen avrebbe avuto abbastanza cinismo e senso della realtà per evidenziare che l’assenza del padre è una fortuna per la componente femminile della famiglia siriana. Se l’uomo (il “capo di casa”) dalla Siria avesse raggiunto la famiglia in Gran Bretagna, probabilmente avrebbe preteso che la figlia indossasse il velo per coprire i capelli. Basta vedere come la madre sia ligia a seguire questa prescrizione. Per fortuna lascia la figlia libera di scegliere. Non sappiamo se il padre sarebbe stato altrettanto aperto e disponibile a consentire ai figli, soprattutto alle figlie, nuovi costumi e nuovi valori.
È questo un punto fondamentale, su cui Ken Loach sorvola: quanto gli immigrati sono disposti a entrare in una società laica, non retta da una tradizione patriarcale o religiosa. Da noi si beve birra e vino, ma ci sono anche gli astemi; si mangia carne di maiale, ma ci sono i vegetariani e i vegani; le donne hanno gli stessi diritti degli uomini, su questo non si transige. Chi vuole inserirsi in questa società deve sapere che ci sono punti sui quali non si transige. Tra questi: le donne hanno gli stessi diritti degli uomini. Chi non riesce ad adeguarsi farà bene a tornare nel proprio mondo.
Il film di Woody Allen avrebbe guadagnato dalla regia di Ken Loach una maggiore attenzione a personaggi trascurati, che appaiono di sfuggita e sembrano ombre: gli autisti, le cameriere, i camerieri, i due fratelli romeni. Sarebbe stato interessante conoscere la vita dei due, capire come siano arrivati a diventare sicari, al servizio di un assassino che gioca con i trenini, li incontra sotto un ponte e non teme di essere ricattato.
Se si fossero scambiati gli ambienti e le storie, i due registi certamente sarebbero riusciti a darci qualcosa che manca nei loro ultimi film: la sorpresa.