5 settembre 2022 h 17.00
Cinema Teatro La Compagnia Firenze – via Cavour, 50r

I vecchi
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Richie Bravo (Michael Thomas) è un cantante austriaco tradizionale, melodico, un tempo abbastanza famoso nel suo paese e nei locali della riviera romagnola.
Non ha mai raggiunto un successo tale da consentirgli di ritirarsi e godersi i soldi conservati negli anni migliori.
Non ha conservato nulla.
Gli è rimasta la casa a Rimini; la dà in affitto a coppie di anziani benestanti desiderosi di condividere per un po’, in vacanza, gli spazi del personaggio famoso.
Alla sua età, più vicina ai sessanta che ai cinquanta, si guadagna da vivere intrattenendo comitive di anziani tedeschi in gita negli alberghi di Rimini fuori stagione.

Molti sono i film sulla vecchiaia perché molti sono i vecchi, anche tra gli spettatori. Andiamo a vedere i vecchi rappresentati sullo schermo sperando di imparare qualcosa di nuovo su questa stagione della vita che ci coinvolge e ci preoccupa. Prima o poi ci passiamo tutti … se non ci passiamo vuol dire che ce ne siamo andati prima.

Meglio vivere la vecchiaia con rassegnazione, senza inutili ribellioni e illusioni. Questo non vuol dire avviarsi al cimitero prima del tempo. Vuol dire cogliere l’attimo, il presente e non pretendere che la vecchiaia non esista («Mi sento giovane» è una stronzata).
Meglio vivere la vecchiaia con dignità, un sentimento, un valore, uno stato d’animo che ha una sua eleganza e non è presente nei vecchi rappresentati in questo film. Forse non erano dignitosi neanche da giovani.

Richie Bravo, il personaggio principale, sfrutta le sue residue spinte erotiche per rapporti sessuali defatiganti con vecchie carampane, facendosi pagare per le sue prestazioni.
Le vecchie carampane, dal corpo disfatto, si accontentano di poco, pendono dalle sue labbra (letteralmente), sono disposte a farsi sfruttare e a correre il rischio di rendersi ricattabili. Alcune di loro sono sposate.
Richie Bravo non ha scrupoli: è abituato alla menzogna, ormai quasi una seconda natura.
Riempie le vecchie carampane di complimenti, quando non ce la fa ricorre alla lingua per dare un po’ di soddisfazione e prendere soldi.
Le turiste tedesche, che gli fanno la corte, non sono meno squallide di Richie: le chiamo carampane non per il loro corpo disfatto (è naturale che sia così, trattandosi di persone anziane), ma perché non rispettano il proprio corpo e la dignità, si fanno sfruttare da un marpione, fingono di credere ai suoi complimenti zuccherosi, pagano le sue battute allusive e le sue fatiche sessuali.
È più comprensibile il vecchio fessone, che si trova con l’acqua alla gola, delle anziane turiste danarose intenzionate a sfruttarlo per provare un brivido di vita.
Sfruttamento reciproco, come sempre accade quando al sesso si mescolano i soldi, quando alla fine del rapporto, che si chiama “prestazione”, uno dei due, in questo caso la vecchia, apre il portafogli e tira fuori un paio di biglietti da cento euro.
Le attività sessuali di Richie con le clienti, in particolare con una che alterna il sesso con l’assistenza alla madre malata, nella stanza accanto, raggiungono vette di squallore, di cui la donna, per un momento, arriva a rendersi conto. Richie non se ne rende mai conto, sembra ottuso da questo punto di vista, è sempre pronto a ricominciare.
Qualcuno, riferendosi a un racconto imbarazzante di Richie, potrebbe dire che non è solo il bisogno a motivarlo e abbrutirlo, c’è anche la ricerca della figura materna; non a caso il film inizia con il funerale della madre. Dovrei rivederlo dall’inizio o leggere la sceneggiatura per capire se c’è una connessione tra i due episodi: le parole di Richie nel corso della cerimonia funebre e la sua “confessione di un segreto” alle due donne sdraiate nel letto.

Il lavoro principale è il solito, si ripete da anni: fa il cantante melodico in favore delle comitive di anziani turisti tedeschi condotti in pullman (stavo per scrivere deportati) dalle agenzie a Rimini fuori stagione.
Canta nella sua lingua, mescolando parole, frasi in italiano, in spagnolo: «… Amore mio / Amore mio amore amor … / … Te quiero …». Sa che le lingue latine hanno un effetto eccitante sulle vecchie carampane che vengono da un’altra epoca, un’epoca nella quale gli italiani, soprattutto i bagnini della riviera romagnola, avevano fama di conquistatori (“latin lover” li chiamavano). Per questo le carampane vengono a Rimini fuori stagione, da sole o accompagnate da mariti silenziosi e servizievoli: vogliono ricordare vecchie sensazioni, sperano di poterle rivivere a pagamento. Non tengono presente la differenza fondamentale tra la gioventù e la vecchiaia, perché i giovani “latin lover” erano veramente interessati al sesso, non ai loro soldi.

Richie butta nelle slot machine i soldi guadagnati con i suoi spettacoli e con le prestazioni sessuali. Si ubriaca. Si butta sul letto vestito e piomba in un sonno (poco) ristoratore.
Il giorno dopo ricomincia.
Si aggira tra le passerelle che collegano gli alberghi e i lidi deserti. Si vede la spiaggia, la sabbia, più lontano un po’ di mare agitato, la nebbia, la pioggia, la neve.
Un fantasma si aggira per Rimini in un inverno nebbioso. Viene in mente un altro vecchio, il nonno di Amarcord, che si sperdeva nella nebbia: altra gente, altri tempi.

Anche “i vitelloni” andavano in giro sulla spiaggia nella Rimini invernale, ma erano giovani, pieni di energia e di speranze, pronti a cogliere l’occasione; Moraldo, alla fine, trovò il coraggio di tentare una svolta, di mettersi in viaggio.
Richie Bravo è alle soglie della vecchiaia (c’è già dentro): le occasioni o non si sono presentate o non ha saputo coglierle.
Si è fatto imprigionare dalla situazione, da un’attività che gli consente di tirare avanti, di coltivare i suoi vizi. Va a chiedere soldi, inutilmente, al mediatore che si lagna quando ci sono più poltrone che turisti nel salone dell’albergo («Stasera abbiamo fatto poco»). L’ultima speranza rimasta nella testa di Richie, l’unica illusione autodistruttiva: averla vinta sulle slot machine.
I capelli sono più bianchi che brizzolati, la pancia deborda dai pantaloni attillati e viene trattenuta con apposite fasce. Indossa stivaletti e abiti luccicanti, un cappotto di pelle che lo fa apparire ancora più imponente, alto, gigantesco. In altri tempi sarebbe stato un perfetto ufficiale delle SS.

Il padre, malato, ricoverato in una clinica per anziani in Austria – una clinica che sembra l’anticamera dell’obitorio – ogni tanto recupera lucidità e ricorda il sogno nazista. È interpretato da Hans-Michael Rehberg: ultima apparizione prima della sua morte. È il vecchio che piange, nella foto in testa al commento, ultima scena del film. Un uomo sconfitto dalla storia, sopravvissuto alla fine di un incubo folle (per gli altri), di un sogno (per lui).

Anche Richie Bravo, il cantante melodico sciupafemmine (ormai sciupa carampane), è sconfitto.
In questo ambiente di vecchi, che domina il film per una buona mezz’ora, appare una ragazza dai modi spicci e decisi; si presenta: «Sono Tessa, tua figlia. Ho diciott’anni».
Dopo un attimo di smarrimento, Richie la riconosce: era vissuto con lei e con la madre di lei per sei anni, aveva assistito alla sua nascita, l’aveva portata ai giardinetti, le aveva cantato canzoncine per farla dormire; in quei sei anni aveva fatto il padre e, ammette, aveva amato la madre di Tessa. Poi … se n’era andato.

La riconosce, ricorda l’affetto, le chiede perdono. La ragazza va al sodo e non intende transigere, non intende farsi fuorviare dal modo di Richie di girare intorno alle cose per non assumersi responsabilità.
Vuole i soldi arretrati del mantenimento, che Richie ha sottratto a lei e alla madre nei dodici anni in cui non si è fatto vedere.
La ragazza è accompagnata da un ragazzo arabo che guarda Richie come fosse un verme.

Dopo un vano tentativo di resistere, di tergiversare, Richie cede. Si procura i soldi nell’unico modo che conosce: illude una carampana, registra il rapporto sessuale con lei, ricatta il marito, che gli dice «mi fai schifo» ma cede al ricatto.
Tessa riceve i soldi che aveva chiesto, dice «questo è l’inizio», poi decide di trasferirsi nella casa di Richie, con il ragazzo siriano e con altri ragazzi arabi suoi amici.
Richie si sveglia in quella casa occupata da gente che non conosce e non controlla.

In Austria il padre malato, perduto nei suoi ricordi nazisti, piange disperatamente.

Ulrich Seidl è, indubbiamente, un grande regista.