13 maggio 2018 h 17.30
Cinema Il Portico Firenze – via Capo di Mondo, 66

Altri film del regista: // The Young Pope // È stata la mano di Dio // Parthenope //

I vecchi
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“Loro”, regia di Paolo Sorrentino, diviso in due parti, attualmente indisponibile in quanto tolto dalla circolazione.
Sesso e potere: una formula antica e un’accoppiata vincente in ogni epoca.
Detta così si riferisce soprattutto alle donne; sono rari i casi di uomini che hanno raggiunto posizioni di potere per le loro attitudini sessuali e non credo sia mai stato proposto a Rocco Siffredi di presentarsi alle elezioni per un seggio di deputato o di senatore.
Cicciolina, invece, alla fine degli anni ‘80 fu presentata da Marco Pannella e fu eletta, non credo per una sua competenza specifica nell’amministrazione della cosa pubblica, nonostante la indubbia capacità di amministrare una cosa privata.
Per gli uomini la formula si dovrebbe leggere al contrario: il potere moltiplica le possibilità di esercitare una forma di ginnastica compulsiva che ha a che fare con il sesso solo perché coinvolge gli organi sessuali.
Che si tratti di esercizio ginnico è evidente fin dalle prime scene di Loro. Un bestione dall’aria sofferente, nel sottocoperta di una barca, si stressa per riuscire a eiaculare (la ragazza serve solo ad aprire le gambe).
Poco dopo, in una situazione analoga, un giovane di molte speranze e pochi scrupoli ha l’idea geniale che dovrebbe consentirgli di fare il passo avanti: da sfruttatore locale di prostitute (perfetto in questa parte Scamarcio col suo accento pugliese) a sfruttatore nazionale «a sostegno del divertimento dell’imperatore», come si espresse Veronica Lario. Sull’argomento doveva essere ferrata, infatti inventò la più sintetica definizione dell’ambiente descritto dal film Loro: “ciarpame senza pudore”.
Nel ciarpame senza pudore la donna giovane non sceglie, deve mettersi a disposizione di uno che potrebbe essere suo nonno.
Si tratta di prostituzione.
Solo uno scemo può credere che le ragazze dedite all’adulazione di un vecchio rifatto mettono il proprio corpo a sua disposizione perché attratte dal fascino del degrado fisico connesso all’avanzare dell’età. Se così fosse, le RSA sarebbero piene di ragazzine che fanno a gara per cambiare il pannolone ai vecchietti.
La realtà è che molte ragazze (e i genitori) sono attratte dalla esibizione della ricchezza e dalla possibilità di risolvere in modo duraturo la situazione economica.
In questo paese cattolico, in cui l’istituzione “sacra” della famiglia è citata continuamente, vi sono babbi e mamme felici se la figlia si prostituisce con uno che rappresenta soldi e potere.

Nella seconda parte si racconta di quando il potere politico è momentaneamente sfuggito (restano i soldi). Il venditore di sogni non riesce a vendere la sua merce, il potere economico potrebbe essere distrutto dall’intervento della magistratura, il vecchio imbonitore non imbonisce più nessuno; è solo, è in crisi.
Il grande Toni Servillo si sdoppia in un colloquio tra lui e il socio in affari, quello che gli ha aperto il mondo delle banche e delle assicurazioni ed è quasi un’altra parte di sé, anche se più naturale, non rifatta, non malata di sesso, più focalizzata sulla cosa che gli riesce meglio: fare soldi.
Il doppione benpensante gli dà il consiglio giusto: per uscire da questa situazione di depressione e di pericolo devi convincere cinque senatori a passare dalla tua parte. Per te, ai bei tempi, era un gioco da ragazzi convincere la gente a farsi trascinare in un sogno che faceva solo i tuoi interessi; ritrova il grande piazzista che c’è in te.
Sorrentino s’inventa il tentativo, assolutamente verosimile, dato il soggetto, di convincere una donna qualsiasi, pescata a caso nell’elenco telefonico, con un nome falso, a comprare un appartamento che ha il salotto largo quattro volte l’altezza del piazzista – per civetteria dice di essere alto un metro e settanta. I capelli e l’altezza sono il cruccio della sua vita.
L’appartamento non esiste, è un sogno.
La donna, purtroppo, come gli italiani, non gli sbatte il telefono in faccia; neanche i senatori lo fanno: erano pronti a vendersi.
Siamo sempre in zona prostituzione, anche se con altri mezzi: non tutti hanno gambe e seni adeguati a esercitare il mestiere, ognuno vende quello che ha.
Il risultato è che abbiamo sentito uomini politici, rappresentanti del popolo, figure istituzionali affermare che il presidente del consiglio in carica poteva credere che una ragazza scappata da una comunità di accoglienza in Sicilia fosse la nipote di un capo di stato estero.
Queste degne persone affermavano che il presidente del consiglio in carica non disponeva dei mezzi per capire chi fosse una ragazza che riceveva in casa. Una cosa offensiva, soprattutto nei riguardi dello stesso presidente del consiglio, descritto come uno sprovveduto dalle valenti persone di cui sopra, che dovrebbero avere qualche difficoltà quando si guardano allo specchio.

Nel film di Sorrentino ci sono tutti: lenoni, cocainomani, politici pronti a farsi corrompere, oltre, naturalmente, alle onnipresenti ragazze disposte a mettersi a disposizione per un appartamentino, per una spilla a forma di farfalla, per una particina in una qualunque scemenza trasmessa in televisione.
Il film è la rappresentazione completa di un’epoca; più fedele del Caimano di Nanni Moretti, focalizzata sulla descrizione non solo di lui, ma soprattutto di loro: tutta quella gente disposta a cedere la propria dignità per una misera ricompensa (soldi, ginnastica sessuale, un posticino precario alle dipendenze di un potere provvisorio).
Alle spalle di tutto, a muovere le carte, c’è un dio che appare e sparisce, decide, dispone e nasconde con un asciugamani il suo volto anche quando gli procurano una vittima sacrificale. Dietrologia.
Io credo che la realtà sia molto più semplice, che non ci sia bisogno di immaginare poteri occulti.

Intanto il vecchio vuole fare il seduttore con una ragazza che, è inutile dire, potrebbe essere sua nipote. Fra le tante addestrate dalle madri e dai padri a fare le ochette, gliene capita una intelligente che lo mette a tappeto rivelandogli l’evidenza: è patetico.
C’è una discussione accesa con Veronica, alla fine della quale lui le fa la domanda che molti di noi avrebbero voluto farle (molti dei pochi con cui parlo): perché ci hai messo tanto per capire che avevi a che fare con un malato, come hai dichiarato in una lettera a Repubblica?
La risposta della Veronica del film, forse ricavata da qualche intervista della Veronica vera, o forse immaginata dal regista, non è convincente. Non è convincente per chi pensa che la vita non si debba impostare come una canzone del Festival di Sanremo. Se canzone dev’essere, almeno sia una che non contiene la falsa rima “cuore – amore”.
Il film è un susseguirsi di scene precise, puntuali, con qualche simbolo di troppo, di difficile interpretazione: la pecora che guarda fissamente il condizionatore mentre la televisione trasmette i quiz del povero Mike.
Molto bella la conclusione: il terremoto nell’Italia centrale, inserito perfettamente nel racconto, senza nessuna forzatura, con l’episodio sublime, credo realmente accaduto, della povera vecchia che aveva perso la dentiera e con la carrellata finale sui terremotati e sui pompieri davanti alle macerie, che richiama alla realtà di un povero paese che per troppi anni è stato in balia di un venditore di fumo.