7 settembre 2022 h 17.00
Cinema Odeon Pisa – piazza San Paolo all’Orto

Suspense (alta tensione: thriller e/o horror)
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Politica, temi sociali, visioni del mondo
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*La version française suit

Titolo originale: L’homme de la cave; in italiano: L’uomo della cantina.
Chissà perché hanno tradotto: Un’ombra sulla verità.
Se il titolo scelto dai distributori italiani fosse più efficace dell’originale, si capirebbe. Ma non lo è.
Il film è un thriller famigliare alla Polanski (di qualità inferiore rispetto al modello): famiglia normale, parigina, ai giorni nostri. Padre giovane architetto, madre infermiera, figlia adolescente, studentessa.
L’atteggiamento generale fa pensare a una famiglia progressista e, apparentemente, a una famiglia felice.
Il giovane architetto si chiama Simone.

Altri personaggi girano intorno e svolgono un ruolo nel dramma: il fratello di Simone, la madre, i condomini, pronti a protestare, a pensare esclusivamente agli affari loro, a sottolineare: «Tu hai sbagliato, tu devi risolvere il problema; noi ci facciamo gli affari nostri, non ti diamo una mano per principio. Quale principio? Mai aiutare un condomino in difficoltà».

La famiglia dell’architetto è ebrea e ha subìto lutti e persecuzioni durante l’occupazione nazista. Simone non ama parlare di questa tragedia, che considera relegata nel passato remoto, preferisce guardare avanti.
Vive nella casa appartenuta alla sua famiglia da più generazioni, tranne nel periodo dell’occupazione nazista, del collaborazionista Pétain, del regime di Vichy, quando la casa fu espropriata e assegnata a una famiglia non ebrea. Sconfitto il nazismo, la casa tornò in possesso del legittimo proprietario: il nonno di Simone.
D’accordo col fratello, anche lui erede, Simone ha deciso di vendere la cantina, di cui non ha bisogno, per compensare altre spese che deve sostenere.
Mette un avviso su internet.

Si fa vivo un aspirante compratore, un signore anziano che si presenta come ex insegnante di storia.
Il giovane uomo si fida degli altri, c’è l’accordo sul prezzo (novemila euro), firma un impegno a vendere (primo errore) e dà la chiave della cantina (secondo errore) al personaggio che si è presentato alla sua porta.

Troppo veloce questo giovane capofamiglia, troppo disponibile verso un uomo che non conosce. È un buon samaritano, anche se non di religione cristiana (forse neanche ebraica). Ma Parigi non è la strada da Gerusalemme a Gerico di duemila anni fa, dove, nel caso peggiore, trovavi i briganti che ti spogliavano e ti picchiavano ma ti lasciavano integro, ferito nel corpo ma non nell’anima. Dopo la brutta avventura, ringraziavi il buon samaritano e riprendevi la vita di prima, un po’ claudicante ma integro.
Nelle metropoli moderne puoi trovare di tutto, altro che briganti. Non rischi solo di essere spogliato e picchiato, rischi di essere modificato dentro, di essere deformato. Se ti porti a casa uno sconosciuto (il buon samaritano originale non lo portò a casa sua), non è detto che il beneficiato, quello che Gesù chiama “prossimo”, dimostri riconoscenza.

Che cosa scopre Simone a seguito di una piccola indagine? Terzo errore: l’indagine si fa prima di vendere.
L’ex professore è stato cacciato dalla scuola dove insegnava perché diffondeva tra gli studenti le teorie negazioniste: secondo lui la persecuzione degli ebrei da parte dei nazisti è stata un fenomeno limitato, i testimoni sono falsi, Auschwitz è un imbroglio costruito dalla lobby ebraica.
Non avendo assegnato un appartamento dal comune, l’ex professore ha l’intenzione di vivere nella cantina, non di utilizzarla solo come deposito, sopperendo alla mancanza dei servizi igienici con l’utilizzo dei bagni pubblici.
Proteste dei condomini.

I negazionisti e i complottisti, che dicono di porsi domande genuine, quando sono contraddetti dai fatti rivelano un brutto carattere. Quando interrompono l’atteggiamento simil scientifico, i negazionisti dei lager nazisti manifestano il loro razzismo.
Il complottismo si esercita in tutti i campi. Ne abbiamo avuto molti esempi recenti. Quanti sedicenti esperti hanno diffuso i loro proclami, le loro certezze, nel tempo della pandemia!

Torniamo alla famiglia francese alle prese con un negazionista che ha occupato la cantina e non ha l’intenzione di andarsene.
Il giovane architetto avrebbe il coltello dalla parte del manico: potrebbe facilmente annullare il contratto e liberare la cantina dall’ex professore cocciutamente negazionista. Ma la sua struttura psichica è poco razionale: tende a dare in escandescenze, a reagire d’impeto; continua ad accumulare errori e a mettersi dalla parte del torto. Cancella le frasi razziste con la stella di Davide che qualcuno, verosimilmente il negazionista, ha tracciato sulla sua porta. Ovviamente, avendo cancellato la prova del reato, la sua denuncia non serve a niente.

Qui il thriller diventa esagerato. Simone non ne azzecca una e si arriva a un tentativo di omicidio nei confronti dell’ex professore, che sembra divertirsi a provocare il giovane isterico.
La scena finale è presa, pari pari, da Parasite.
Niente di male: da sempre i capolavori sono fonte di ispirazione per i registi.
Però il bunker in cui si è nascosto un assassino (nel film di Bong Joon-Ho) fa infinitamente più paura di questa cantina che il protagonista non riesce a liberare da un poveraccio.

Ci si potrebbe chiedere: per quale motivo il buon samaritano infierisce sul poveraccio e non si limita a lanciargli uno sguardo di commiserazione?
Dopo essersi comportato da incosciente, Simone diventa feroce nei confronti di uno che non ha dove andare per fare i bisogni e per lavarsi. Vuole fargli scontare l’adesione a un’ideologia che ha causato milioni di morti? Ma il poveraccio non è direttamente responsabile dei milioni di morti, può essere perseguito per le sue azioni (propagandare il razzismo), non per quello che pensa. È giusto avergli impedito di insegnare, non è giusto infierire su di lui al di là di ogni condanna stabilita dai tribunali.
Per quale motivo i condomini se la prendono con Simone? Il contratto di vendita è regolare, tocca all’amministratore darsi da fare nei confronti di un nuovo condomino che ha cambiato arbitrariamente la destinazione d’uso della cantina. Tocca all’amministratore, non a Simone, che non ha l’obbligo di risolvere da solo il problema.
Ha venduto la cantina, l’acquirente non rispetta le regole, è un affare di tutti. Sembra che gli altri si divertano a farsi da parte, a guardare lo spettacolo e a contribuire a mandare in bestia il povero, sprovveduto Simone.

La foto in cima al commento e la seguente rappresentano le pareti del bagno della sala Kinzica, nel cinema Odeon di Pisa. Sono ricoperte dalle immagini di grandi attori e registi. Cosicché, passando dal bagno all’inizio e/o alla fine della proiezione, viene naturale pensare a ciò che questi personaggi hanno rappresentato nella storia del cinema, in particolare nella storia del cinema italiano. Il bagno della sala Kinzica svolge due funzioni, entrambe lodevoli.

*Version française

L’homme de la cave – réalisé par Philippe Le Guay
Le film est un thriller familial à la Polanski (de qualité inférieure au modèle): une famille normale, parisienne, de nos jours. Jeune père architecte, mère infirmière, fille adolescente, étudiante de lycée.
L’attitude générale suggère une famille progressiste et, apparemment, heureuse.
Le jeune architecte s’appelle Simon.
D’autres personnages gravitent autour et jouent un rôle dans le drame: le frère de Simon, sa mère, les copropriétés, prêts à protester, à s’occuper de leurs affaires, à souligner: «Vous avez fait une erreur, vous devez résoudre le problème; nous nous occupons de nos affaires, nous ne vous aidons pas par principe. Quel principe? Ne jamais aider un copropriétaire en difficulté».

La famille de l’architecte est juive et a souffert du deuil et de la persécution pendant l’occupation nazie. Simone n’aime pas parler de cette tragédie, qu’il considère comme reléguée dans un passé lointain, préférant regarder vers l’avenir.
Il vit dans la maison qui appartient à sa famille depuis plusieurs générations, sauf pendant l’occupation nazie, le collaborationnisme de Pétain et le régime de Vichy, quand la maison a été expropriée et attribuée à une famille non juive. Une fois le nazisme vaincu, la maison est revenue à son propriétaire légitime: le grand-père de Simon.

En accord avec son frère, également héritier, Simon a décidé de vendre la cave, dont il n’a pas besoin, pour compenser d’autres dépenses qu’il doit supporter.
Il met une annonce sur Internet.

Un aspirant acheteur est un vieil homme qui se présente comme un ancien professeur d’histoire.
Simon fait confiance aux autres, il y a l’accord sur le prix (neuf mille euros), il signe un engagement à vendre (première erreur) et donne la clé de la cave (deuxième erreur) au personnage qui s’est présenté à sa porte.

Trop rapide ce jeune homme, trop serviable envers un homme qu’il ne connaît pas. C’est un bon Samaritain, bien qu’il ne soit pas de religion chrétienne (peut-être même pas juif). Mais Paris n’est pas la route de Jérusalem à Jéricho d’il y a deux mille ans, où, dans le pire des cas, vous trouviez des brigands qui vous dépouillaient et vous battaient mais vous laissaient entier, blessé dans votre corps mais pas dans votre âme. Après la mauvaise aventure, vous remerciez le bon samaritain et reprenez votre vie d’avant, un peu boiteux mais entier.
Dans les métropoles modernes, on peut trouver de tout. Vous ne risquez pas seulement d’être dépouillé et battu, vous risquez d’être changé à l’intérieur, d’être déformé. Si vous ramenez un étranger chez vous (le bon Samaritain original ne l’a pas ramené chez lui), il n’est pas certain que le bénéficiaire, celui que Jésus appelle “prochain”, vous en soit reconnaissant.