20 marzo 2023 h 17.00
Cinema Spazio Alfieri Firenze – via dell’Ulivo, 6
Suspense (alta tensione: thriller e/o horror)
// Doppia Pelle [Le Daim] // BlackBerry (thriller tecnologico) // Club Zero (horror alimentare) // Come pecore in mezzo ai lupi // Sanctuary (thriller psicologico) // Beau ha paura [Beau is afraid] // Cane che abbaia non morde [Barking dogs never bite] // Preparativi per stare insieme … (thriller psicologico) // L’ultima notte di Amore (noir metropolitano) // Holy Spider // M3GAN (thriller distopico) // Bones and All (horror cannibale) // Nido di vipere // L’homme de la cave [Un’ombra sulla verità] // La fiera delle illusioni // America Latina // Raw (horror cannibale) // Titane // Il sospetto [Jagten] // Favolacce // Notorious! (thriller H.) // Parasite // Il signor diavolo // The dead don’t die (gli zombie sono tornati) // Border: creature di confine // La casa di Jack // Gli uccelli [The birds] (horror H.) // L’albero del vicino //
Psicanalisi (“The doctor is in”)
// Frammenti di un percorso amoroso // Sick of Myself // Beau ha paura [Beau is afraid] // Preparativi per stare insieme … // Tre piani // Un divano a Tunisi // Doppio amore [L’amant double] //
Un thriller psicologico.
Film asciutto, essenziale, astratto, malinconico, com’è tradizione dell’anima e della cinematografia ungherese.
Non ci sono poliziotti, trafficanti di gioielli, agguati, assassini, colpi di pistola. Si ispira al cinema di Alfred Hitchcock.
I due protagonisti del film sono Márta Vizy e János Drexler (in ungherese sarebbero Vizy Márta e Drexler János), specialisti in neurochirurgia; lui è anche scrittore. Siamo a Budapest.
La dottoressa ha studiato in America e ha fatto una brillante carriera in un ospedale del New Jersey.
Molto bella, occhi blu, sguardo profondo; malinconica. Vive da sola.
I due operano su pazienti che “perdono le parole” o sentono improvvisi acufeni o avvertono strani dolori dietro un orecchio. Questi medici devono essere estremamente preparati e pronti a prendere decisioni difficili. Può essere necessario, per esempio, sacrificare i centri della vista per salvare i ricordi e consentire alla mente del paziente di sopravvivere. Decisioni terribili da prendere in pochi minuti, a volte in pochi secondi.
Il dottor János Drexler, alla presentazione di un suo libro, racconta: lungo il Danubio si vedono edifici bellissimi e edifici brutti; distruggendo gli edifici brutti e lasciando al loro posto uno spazio vuoto si salverebbe la bellezza del tutto. È ciò che fa un chirurgo che interviene su un tumore.
Nel corso dell’intervento sul cervello (in molti casi) il paziente è sveglio, vigile. L’anestesista somministra un anestetico locale nei punti di emergenza nervosa. Il chirurgo, mentre elimina zone malate per salvare il resto, segue le sue reazioni. Il paziente elenca le immagini che vede su uno schermo. Quando confonde il lago Balaton con il mare la dottoressa interrompe l’intervento.
Márta Vizy è molto brava: riceve i complimenti dai malati che salva e dai loro parenti. Meno felici sono i colleghi invidiosi.
Si è trasferita improvvisamente dal New Jersey, dove è rimasta otto anni, a Budapest dopo un incontro fulminante.
Márta ha conosciuto, durante lo svolgimento di un congresso in America, János Drexler e si è innamorata a prima vista. Passione reciproca nel tempo di un incontro. Una notte insieme, poi, il mattino seguente, il dottore è dovuto tornare in Ungheria. Appuntamento a Budapest, sul Ponte della Libertà, dal lato di Pest, alle cinque del pomeriggio.
Budapest è il complesso di due antichi centri abitati, Buda e Pest, che si trovano da parti opposte sulle due rive del Danubio. Per esattezza sono tre: Buda e Óbuda sul lato OVEST (riva sinistra), Pest sul lato EST (riva destra), collegati da ponti; il più famoso e antico è il Ponte delle Catene, attraversando il quale in direzione di Buda si raggiungono monumenti molto frequentati dai turisti: Chiesa di Mattia, Bastione dei pescatori, Castello di Buda (tramite la funicolare). Il Palazzo del Parlamento si trova sul Danubio, dalla parte di Pest. Un ponte un po’ più periferico, altrettanto bello, è il Ponte della Libertà: Szabadság híd /sobosciàg hid/.
Dunque: appuntamento sul Ponte della Libertà, lato Pest, alle cinque del pomeriggio. Márta conosce il nome dell’uomo, János Drexler, sa che fa il neurochirurgo a Budapest; nient’altro. Non conosce il suo indirizzo, la sua email, il suo numero di telefono. Neurochirurgo a Budapest. Nient’altro.
È innamorata, ha la sensazione di avere trovato l’uomo della sua vita.
Quando si è avvicinata a lui, durante il congresso, non sapeva che fosse ungherese. Una notte insieme; al risveglio si è lavato, si è rivestito, l’ha salutata, è andato via. Con lei è rimasto l’appuntamento. Ponte della Libertà, lato Pest, cinque del pomeriggio.
La dottoressa si dimette dall’ospedale del New Jersey, lascia tutto, sale su un aereo per raggiungere Budapest.
La storia raccontata in questo film è così strana che, secondo me, probabilmente è vera.
Márta non ha problemi economici; ha raggiunto un livello di competenza tale da poter trovare lavoro dappertutto. Il suo lavoro la porta a dare peso alle cose veramente importanti. Ogni giorno si confronta con il limite tra la salute e la malattia, tra la vita e la morte. Sa che la prudenza, di cui riempiamo le nostre vite, come se fossero eterne, non conta nulla. Basta un dolorino dietro un orecchio e la stabilità, a cui abbiamo dedicato la vita, se ne va a farsi fottere: possiamo trovarci sull’orlo di un baratro; possiamo caderci dentro dopo avere inutilmente cercato un appiglio.
Una ragazza che vive così, e non ha problemi economici, può fare una scelta radicale improvvisa se ha la sensazione di avere trovato qualcuno che riempie il vuoto che ha dentro.
In America Márta ha costruito una brillante carriera, ma, sul piano personale, solo qualche amicizia.
Raggiunge Budapest, si porta sul Ponte della Libertà, dal lato Pest, alle diciassette, e si guarda intorno.
János non c’è. Aspetta. Non c’è.
Cammina avvilita, continua a guardarsi intorno e, in mezzo alla folla, lo vede; è lui.
Lo raggiunge. Lui la guarda sbalordito, dice «Signora, si dev’essere confusa: non la conosco», e si allontana.
Lei rimane sconvolta; perde i sensi.
I passanti l’aiutano a rialzarsi, le danno un po’ d’acqua; un giovane si offre di aiutarla. «No grazie. Kösszönöm szépen /kòssonom sépèn/; grazie mille». Si avvia barcollando in albergo; si riprende e decide di restare a Budapest.
Entra nel gruppo di un suo vecchio professore, in ospedale. Il professore, che la stima molto, l’avverte: «I colleghi ti faranno la guerra, perché tu sei di un altro livello»; trova casa di fronte al ponte della Libertà, dal lato di Pest. Non è una bella casa, ma da una finestra può guardare sul ponte.
Scopre il decadimento morale che si è verificato negli ultimi tempi nel settore della sanità ungherese: un paziente cerca di passarle una mazzetta “dovuta”, che lei rifiuta.
Rivede il dottor János Drexler, neurochirurgo e brillante scrittore.
Le viene un dubbio: la mia mente potrebbe avere partorito l’incontro con quell’uomo, l’appuntamento a Budapest. Pensa: forse mi sono innamorata di uno sconosciuto e ho immaginato il resto.
Il regista la inquadra mentre a letto si sbottona il pigiama davanti, lentamente fa scendere la mano e si masturba.
Nella masturbazione un “incontro” mentale diventa vivo e reale al punto da eccitare, da dare piacere.
Anche l’incontro di Márta con János, nel corso del congresso di medici in America, potrebbe essere stato mentale. Lei potrebbe avere confuso l’immaginazione con la realtà.
Per risolvere il dubbio si rivolge a uno psicanalista. Assistiamo ad alcune sedute.
Il thriller è interessante e, come ho scritto all’inizio, sembra un film di Hitchcock, anche perché è girato su pellicola e ha un’aria antica: i colori sono tenui, quasi sfociano nel bianco e nero.
Mi è piaciuto molto … fino a un certo punto.
La conclusione non mi è sembrata all’altezza della complessità del tema,
Possiamo credere alla nostra mente, alle cose che vediamo, agli eventi che viviamo? Siamo certi di non confondere la realtà con l’immaginazione?
Il tema non è stato svolto fino in fondo. Ma neanche è stato lasciato sospeso.
Nell’ultima parte la regista l’ha dimenticato.
Non rivelo come il film finisce perché lo spoiler potrebbe dare fastidio a chi legge. Dico solo che è come se il produttore avesse detto alla regista: ora devi concludere il film in un certo modo, altrimenti nessuno andrà a vederlo. È solo un sospetto che mi serve per spiegarmi il crollo finale: da thriller psicologico diventa commedia sentimentale.
Nulla contro le commedie sentimentali, ma se sei nato in un modo devi finire in quel modo.
Quale altra soluzione la regista avrebbe potuto trovare? Non so. Non è affar mio.
A me sarebbe bastato che lasciasse l’argomento sospeso.
Ancora di più avrei gradito un collegamento tra la conclusione del film e la metafora raccontata dal dottore scrittore: distruggiamo cose brutte e al loro posto lasciamo il vuoto perché la bellezza sopravviva.
Forse la storia è reale, le cose sono veramente andate come ci viene raccontato. La vita, spesso, offre soluzioni banali, soprattutto a chi si accontenta. Grande amore, scelte coraggiose, sogni di avventure … si finisce col sopportarsi a vicenda.
Come diceva quel ragazzo, alter ego del regista di È stata la mano di Dio?
Diceva: la realtà mi delude.