17 marzo 2023 h 17.45
Cinema Flora Atelier Firenze – piazza Dalmazia, 2r

Film brutti. Decisamente brutti
// Civil War // Enea // Chi segna vince // La guerra del Tiburtino III // Mi fanno male i capelli // Felicità // L’ordine del tempo // Educazione Fisica // Un uomo felice // Il primo giorno della mia vita // Vicini di casa // War La guerra desiderata // La figlia oscura (nei commenti brevi) // Dune // Domani è un altro giorno // Dead in a week // Una vita spericolata // Doppio amore [L’amant double] // Sono tornato //

Scuola
// La sala professori // Next Sohee // Educazione fisica // Close //

Teatro
// Romeo è Giulietta // Sanctuary (impianto teatrale) // Educazione Fisica (da “La palestra” di Giorgio Scianna) // The Whale (dall’omonima pièce teatrale) // Anton Cechov (Il gabbiano) // Grazie ragazzi (S. Beckett: Aspettando Godot) // La Stranezza (Luigi Pirandello: Sei personaggi in cerca d’autore) // Drive my car (Anton Cechov: Zio Vanja) // Il sindaco del rione Sanità (Il teatro di Eduardo) // Conversazione su Tiresia (Andrea Camilleri) // Favola (dalla commedia di Filippo Timi) // The Party (impianto teatrale) //

Generalmente, non sempre, nei film brutti lavorano bravi attori.
Ho cercato una spiegazione di questa regola nel commento a Un uomo felice, il film brutto precedente.

Educazione Fisica è la trasposizione cinematografica di un’opera teatrale. Si svolge dentro la palestra fatiscente di una scuola.
La preside ha ricevuto una denuncia da una studentessa che si è confidata solo con lei: tre compagni l’hanno violentata in palestra in due occasioni e hanno ripreso lo stupro con i telefonini.
La preside ha convocato, nella palestra dove la violenza è avvenuta, i genitori degli alunni accusati.
Si presentano: il padre di uno dei tre, la madre di un altro, entrambi i genitori del terzo. Portano anche i figli, che vanno a giocare nel campetto. Non vediamo i ragazzi per tutta la durata del film, che si svolge interamente nella palestra; sentiamo ogni tanto gli schiamazzi e i rumori delle pallonate sui finestroni della palestra.
I genitori non conoscono i motivi della convocazione; nell’attesa almanaccano tra di loro, si stufano e un po’ si preoccupano.

La preside arriva e spiega, con il tono drammatico adeguato alla situazione e all’attrice che la interpreta (Giovanna Mezzogiorno) il motivo della convocazione, con tutti i dettagli: il nome della ragazza, particolari dello stupro, le date, non precise, da verificare.
I genitori, come c’era da aspettarsi, negano a prescindere che i loro figlioletti ingenui e innocenti (non solo dello stupro, ma di qualsiasi pensiero osceno o violento) abbiano potuto commettere un’azione tanto grave. Negano anche dopo che la preside si è allontanata un momento e hanno trovato il video sullo smartphone di uno dei ragazzi. Nonostante abbiano la prova certa della violenza, continuano a negare o cercano di scaricare sulla ragazza la responsabilità dell’accaduto.
Meccanismo solito: assolvere i figli (una ragazzata!), condannare la vittima (istigatrice!).
Con un crescendo esagerato i genitori diventano sempre più minacciosi nei confronti della preside, la impauriscono, eccetera, eccetera.

Com’è possibile credere a un racconto che contiene in premessa un’assurdità clamorosa?
Vorrei fare una domanda ai fratelli D’Innocenzo, sceneggiatori del film, e al regista Stefano Cipani. Come a scuola, vorrei chiamarli alla lavagna e chiedere: che cosa fa una preside che riceve una denuncia di stupro da una studentessa? Che cosa fa prima di qualunque altra cosa? Su, sforzatevi che ci potete arrivare.
Non ci arrivate? Ve lo spiego io. Prendete nota.

Una preside che viene a conoscenza di un reato così grave è obbligata – badate bene: obbligata – prima di ogni altra cosa, a recarsi nella più vicina caserma della polizia o dei carabinieri e denunciare il reato. In alternativa può telefonare per chiedere un appuntamento urgente con il più alto in grado, facendo presente che si tratta di questione della massima importanza.
La polizia o i carabinieri faranno intervenire il magistrato che allerterà i servizi sociali, con l’aiuto dei quali, con discrezione, trattandosi di minori, si svolgeranno le indagini.
Nessuno sarà accusato fino a che il magistrato non acquisirà prove abbastanza sicure dell’accusa. Se dovessero passare da indagati a imputati, i ragazzi saranno trattati con delicatezza, saranno assistiti dagli avvocati, avranno la possibilità di spiegare la propria versione della storia. Si cercherà di capire come sono arrivati a un tale livello di violenza incontrollata e quasi incosciente. Si cercherà di aiutare la vittima, ma anche i ragazzi, che non devono stare tanto bene.
Il magistrato sicuramente procederà al sequestro dei telefonini prima che siano cancellati o fatti sparire.
Insisto: la preside deve comportarsi in questo modo, altrimenti sarà denunciata a sua volta per avere ostacolato l’accertamento dei fatti.
Se la preside convoca i genitori prima di sporgere denuncia e racconta tutti i particolari della confidenza ricevuta, i genitori avranno il tempo di concordare con i figli una versione di comodo e potranno costituire un alibi. Potrebbero intervenire sulla ragazza o sui suoi familiari, potrebbero far sparire gli smartphone o cancellare i video registrati. È vero che gli esperti sono in grado di recuperarli, ma un genitore potrebbe essere esperto e riuscire a cancellare i video definitivamente.
È così difficile da capire? Non credo. Allora perché gli sceneggiatori e il regista non l’hanno capito? Forse perché non hanno più un rapporto sano con la realtà, o credono di poter propinare agli spettatori qualunque cavolata gli venga in mente.
Non mi riferisco al testo teatrale, che non conosco; mi riferisco al film.

I fatti che la preside è venuta a conoscere da una ragazza che si è confidata rientrano nella sfera privata della ragazza; le accuse potrebbero essere false; la preside non ha visto i video dello stupro e non ha i mezzi per indagare. Sicuramente nella denuncia ci sono dati sensibili di cui bisogna proteggere la riservatezza anche dopo l’intervento del magistrato, anche durante l’eventuale processo. Solitamente questi processi si fanno a porte chiuse.

Se la preside si comporta come è raccontato nel film, può essere accusata di avere tentato un’estorsione ai danni dei genitori dei ragazzi: datemi una somma di denaro da spartire con la vittima (a lei penso io), altrimenti denuncio i vostri figli.
Infatti nel corso del film il genitore più cinico tenta di corromperla mentre lei minaccia: ora chiamo la polizia.
Ma la denuncia non si minaccia, si fa.

Naturalmente, data questa premessa, non è possibile seguire il film, i dialoghi suonano assurdi, anche se recitati da attori che cercano di dare verosimiglianza a personaggi estremi.

Uno dei genitori è ricco e stronzo e, all’inizio del film, arrivato per primo insieme alla madre di uno dei tre accusati e ai due ragazzi, che non vediamo, tenta di avviare un rapporto sessuale su due piedi nella palestra, prima dell’arrivo della preside, incurante della possibilità di essere sorpreso: dalla preside, da altri genitori in arrivo, dai ragazzi che li hanno accompagnati e sono andati a giocare nel campetto.
«Papà, abbiamo perso il pallone. Oh! Che state facendo?», oppure: «Mamma, abbiamo perso il pallone. Oh! Che state facendo?»; o entrambi i ragazzi in coro. Risposta: «Ci siamo spogliati un momento perché fa caldo. In questa palestra si suda».
La donna con cui quel genitore ha l’abitudine di intrattenersi in situazioni scomode – un’altra volta in macchina davanti alla scuola – è divorziata o forse è stata abbandonata dal marito: mi sono distratto pensando all’assurdità della situazione di due che potrebbero andare in albergo e preferiscono fare le sveltine in macchina o nella palestra della scuola mentre i figli, fuori della palestra, giocano a pallone. La donna, a dire il vero, ferma il ricco e stronzo immobiliere, ma pare non l’abbia fermato il giorno prima in macchina davanti alla scuola. Pare, si dice, ma io non c’ero, che la preside li abbia visti e sembra strano non li abbia segnalati al vigile che controlla il traffico all’uscita degli alunni, anche solo per sputtanare un immobiliere ricco e pure stronzo.
Infatti la preside rinfaccia l’episodio ai due; com’è sua abitudine, rinfaccia ma non si muove.

C’è la coppia anziana e patetica (il marito ha l’abitudine di fregare gli accendini) che ha adottato un ragazzo e accoglie la notizia del coinvolgimento del figlio con una sensazione di inadeguatezza; la prima reazione della donna è: «Siamo stati incapaci di educarlo, abbiamo sbagliato ad adottarlo».
I genitori si sentono chiamati in causa, e, forse per questo, fanno di tutto per negare l’evidenza.
I personaggi, compresa la preside, incapace di affrontare seriamente la situazione, rappresentano casi umani a cui non si può dare molto peso perché, dopo quella premessa assurda, tutta la vicenda suona falsa, compresi i dialoghi, ricavati non so se dal testo teatrale o dalla fantasia dei fratelli D’Innocenzo. Ho apprezzato questi due giovani registi, ma come sceneggiatori in questo film non brillano.

È un testo teatrale trasferito sullo schermo.
Il montaggio non si nota o è realizzato in modo da dare l’impressione della presa diretta, del piano sequenza, come se lo schermo fosse il palcoscenico del teatro.
Però davanti a noi c’è lo schermo, non c’è l’immediatezza del palcoscenico. Non escludo che in teatro, in una rappresentazione più astratta, forse surreale, la storia possa funzionare, se sorretta da un testo efficace. Non saprei.
Al cinema non funziona, suona assurda fin dalle prime battute e si risolve in una esibizione attoriale fredda e non coinvolgente.
Risultato: un brutto film, decisamente brutto.