3 ottobre 2021 h 17.30
AppleTV
Altro film del regista: // Titane //
Suspense (alta tensione: thriller e/o horror)
// Doppia Pelle [Le Daim] // BlackBerry (thriller tecnologico) // Club Zero (horror alimentare) // Come pecore in mezzo ai lupi // Sanctuary (thriller psicologico) // Beau ha paura [Beau is afraid] // Cane che abbaia non morde [Barking dogs never bite] // Preparativi per stare insieme … (thriller psicologico) // L’ultima notte di Amore (noir metropolitano) // Holy Spider // M3GAN (thriller distopico) // Bones and All (horror cannibale) // Nido di vipere // L’homme de la cave [Un’ombra sulla verità] // La fiera delle illusioni // America Latina // Raw (horror cannibale) // Titane // Il sospetto [Jagten] // Favolacce // Notorious! (thriller H.) // Parasite // Il signor diavolo // The dead don’t die (gli zombie sono tornati) // Border: creature di confine // La casa di Jack // Gli uccelli [The birds] (horror H.) // L’albero del vicino //
Famiglia (genitori e figli)
// Il tempo che ci vuole // Dostoevskij // Quando tutto tornerà a essere come non è mai stato // Enea // Club Zero // Come pecore in mezzo ai lupi // Ritorno a Seul // Beau ha paura [Beau is afraid] // Miracle: Letters to the President // The Whale // Le vele scarlatte // The Fabelmans // Marcel! // True mothers // Una vita in fuga // One second // Cry Macho // È stata la mano di Dio // Madres paralelas // Raw // Titane // Tre piani // La terra dei figli // Favolacce // Tutto il mio folle amore // Un affare di famiglia // La stanza delle meraviglie // Lady Bird /e/ Puoi baciare lo sposo // Tre manifesti a Ebbing, Missouri //
Famiglia (fratelli e sorelle)
// Come pecore in mezzo ai lupi // Miracle: Letters to the President // Come prima // Il potere del cane // Marx può aspettare // Raw // Le sorelle Macaluso // I fratelli Sisters // Mirai //
Raw, regia di Julia Ducournau. L’argomento è l’antropofagia.
Bisogna avvertire chi ha lo stomaco delicato. Il film contiene scene impressionanti e disgustose.
È legittima una domanda preliminare: per quale motivo pagare il biglietto d’ingresso (o l’abbonamento a un network) per sottoporsi al disagio e al disgusto? A questa domanda si possono dare risposte diverse o si può rispondere semplicemente: escludo questo genere di film dalla mia esperienza. La risposta che più mi convince è un misto tra cinefilia e psicologia. Secondo me il cinema di qualità, soprattutto quando rappresenta situazioni imbarazzanti, svolge la stessa funzione del sogno: libera l’angoscia causata da impulsi presenti nella parte più profonda dell’inconscio individuale o collettivo.
Abbiamo compreso da tempo questa funzione del cinema. Infatti, pur prescrivendo consigli e divieti ragionevoli (per esempio: vietato ai minori di anni …), nessuno ha mai pensato di impedire la realizzazione di film come Arancia meccanica di Stanley Kubrick. Non è vero che il racconto della violenza agisce sulle menti degli spettatori generando emulazione; se così fosse dovremmo mandare al rogo buona parte della cinematografia (e della letteratura) mondiale dalle origini: il cinema horror, noir, western all’italiana. Dovremmo sotterrare i vari Dracula (“prìncipi delle tenebre”) e gli zombi, distruggere Psycho di Hitchcock, i film di Quentin Tarantino, a cominciare dal capostipite dei pulp (il capolavoro Pulp fiction).
Sappiamo che il metodo psicoanalitico è nato in seguito all’intuizione di farsi raccontare dai pazienti la trama dei sogni e degli incubi ricorrenti (Sigmund Freud, “L’interpretazione dei sogni”, 1899). Tra i casi clinici “L’uomo dei lupi” potrebbe essere la sceneggiatura di un film horror, ed è uno dei più complessi descritti da Freud, a cui Lacan dedicò un seminario e vari riferimenti nelle sue lezioni.
Dunque, se si svolge un lavoro qualsiasi è legittimo dire: «non voglio impressionarmi», però i “film de paura”(come diceva Corrado Guzzanti) non possono mancare nel bagaglio a mano (dove si mettono le cose da cui non ci si separa) di chi si occupa di psicologia del profondo.
Avvertenze.
1) Il film è per spettatori non impressionabili e di stomaco forte; è difficile non farsi impressionare, pur sapendo che si tratta di trucchi cinematografici, dal momento che Julia Ducournau ha una grande capacità di creare scene vero-simili, per giunta inserendole all’interno di situazioni che creano sospensione (suspense).
2) Nel commento la trama è utilizzata per cercare di sviluppare riflessioni; chi non sopporta lo spoiler si astenga dal proseguire la lettura prima di avere visto il film.
Che io sappia, Julia Ducournau ha realizzato in tutto un cortometraggio e due lungometraggi. Il cortometraggio si chiama Junior, i due lungometraggi sono Raw (2016) e Titane (2021). Successivamente, seguendo la moda attuale, ha fatto la regia di due serie che non conosco perché le serie mi annoiano: troppo diluite per i miei gusti. Preferisco i film, che costringono il regista a dire tutto in un paio d’ore.
Nel 2011, quando non aveva compiuto trent’anni, la regista si fece notare con Junior, un cortometraggio che contiene, in nuce, il tema che predilige e ha affrontato nei due film successivi: la trasformazione del corpo.
Il corpo si trasforma momento per momento; ce ne rendiamo conto solo a distanza di tempo. A volte la trasformazione accelera e ci lascia sbalorditi.
Per esempio, argomento del cortometraggio, quando si passa dall’infanzia all’adolescenza. Anche nel passaggio dall’età adulta alla vecchiaia capita di non riconoscersi («ma come? Quelle sono le mie braccia, le mie gambe? Quello riflesso nello specchio è il mio viso!?»). La regista è troppo giovane per essere interessata a focalizzare questa variante del tema (la vecchiaia).
Il corpo si trasforma se, dopo avere seguito dalla nascita un’alimentazione rigorosamente vegetariana, si è obbligati a mangiare carne. È ciò che accade in Raw (Crudo), primo lungometraggio.
Il corpo si trasforma se, in seguito a un incidente stradale, un pezzo di metallo viene inserito nel cranio: Titane(secondo lungometraggio).
Garance Marillier è la giovane attrice protagonista di Junior e di Raw. L’attrice ha una parte anche in Titane,dove interpreta una ballerina sexy che s’innamora della ragazza col titanio nella capa e fa una brutta fine.
2011: Junior, cortometraggio.
A Julia Ducournau piace lavorare con gli stessi attori e dare ai personaggi gli stessi nomi; i tre personaggi che Garance Marillier interpreta nel cortometraggio e nei due film si chiamano Justine.
In Junior l’attrice è poco più di una bambina, colta nel momento magico del passaggio dall’infanzia all’adolescenza.
Frequenta la scuola corrispondente a quella che da noi è la media.
La bambina veste come un maschiaccio, frequenta volentieri i maschi della sua classe, ha un rapporto di amicizia con uno di loro, litiga con le ragazze più grandi che si truccano e s’imbellettano.
Poi accade qualcosa: ha la febbre, conati di vomito, una desquamazione esagerata che diventa incubo notturno.
La regista ama rappresentare gli incubi: la pelle che si stacca, molto più drammatica e impressionante, si trova anche in Raw.
Che cosa è successo a Justine?
Da bambina è diventata ragazza e, finalmente, il suo amico la guarda come un giovane uomo guarda una giovane donna, e lei ricambia uno sguardo seduttivo.
Una bella conclusione, piena di luce e di allegria, fondata sul sorriso di Garance Marillier; una conclusione luminosa che invano aspetteremo nel primo film della regista, nel quale l’incubo prevale sulla realtà. Un po’ di quella luce, ma poca, si ritrova nella conclusione di Titane, il secondo film.
2016: Raw (Crudo). Primo lungometraggio.
Se non ci fosse l’annuncio di un horror in una lunga sequenza iniziale che contiene tutta l’angoscia che seguirà, cominceremmo parlando di una tranquilla famiglia belga: padre, madre, giovane figlia, cane. I genitori accompagnano in macchina la figlia all’università. La ragazza si trasferisce in un college per studiare veterinaria.
I genitori conoscono bene quel posto, dove anche loro hanno studiato, rivedono gli edifici della giovinezza, un po’ invecchiati e malandati.
C’è una passione per gli animali in questa famiglia, rigorosamente vegetariana, tanto che la madre pianta una grana nell’autogrill perché nel puré di patate la figlia ha trovato un pezzetto di carne.
Da subito scopriamo che la madre è fissata (non ride mai), che il padre è abulico, rassegnato, e la regista non ha pietà di noi: ci fa vedere nei dettagli il boccone sputato dalla ragazza nel piatto (che cosa abbiamo fatto di male?).
Avremo la conferma di questa spietatezza di Julia Ducournau con scene non solo disgustose, ma crude e impressionanti.
Si è parlato di Titane (premiato a Cannes) come di un horror, ma Raw è molto più duro. La regista non lascia nulla alla immaginazione dello spettatore (se lo facesse, per me sarebbe peggio) e mostra tutto, in modo crudo, raw, come il titolo del film nella versione internazionale (i distributori italiani hanno aggiunto una frasetta banale).
Siamo alla famigliola che accompagna in macchina la seconda figlia al college, dove la prima figlia, Alexia (è anche il nome della protagonista di Titane), anche lei studentessa di veterinaria, è mancata all’appuntamento. La famiglia è giunta al college, ma Alexia, che dovrebbe aiutare la sorella a inserirsi, non c’è.
Scopriamo che Alexia non risponde mai alle chiamate della madre e, in questo caso, sono inutili anche i tentativi della sorella di chiamarla sul cellulare. Alexia sa che Justine è insieme ai genitori con i quali non vuole avere rapporti.
Il padre abulico non vede l’ora di liberarsi, forse ha da fare; i genitori salutano in fretta la ragazza, che si avvia, col suo triste trolley, verso la stanza assegnata nel college.
Cominciamo a pensare che in questa famiglia ci sia un problema, ma non siamo ancora all’horror, non fosse per la lunga sequenza iniziale, che ha annunciato buona parte dell’orrore che seguirà.
Elenchiamo gli elementi di questo orrore.
Orrore N.1: il rapporto con gli animali.
Nel posto dove si studia la medicina veterinaria gli animali sono trattati come oggetti: vengono legati, sventrati, sezionati da vivi e da morti, scuoiati, torturati senza tenere minimamente conto della loro sofferenza. Sono oggetti.
Succede davvero in una facoltà di veterinaria? Gli animali sono trattati in questo modo?
Non credo.
Però sappiamo, ed è ampiamente documentato, come sono trattati negli allevamenti intensivi. Per informarsi vi sono servizi giornalistici facilmente reperibili, anche su RaiPlay (Indovina chi viene a cena, Rai 3).
Forse dovrei scrivere: sappiamo ed è ampiamente documentato come gli animali sono trattati in molti/alcuni allevamenti intensivi.
Non me la sento di correggere (aggiungere molti o alcuni). Un allevamento intensivo è finalizzato unicamente a trasformare gli animali in pezzi di carne, dunque in esso devono per forza accadere scene da film horror.
Non sono vegetariano, però credo che faremmo bene a limitare il consumo di carne (non abolire, limitare), ottenendo vantaggi per la salute personale e del pianeta e un rapporto non sadico con gli altri esseri viventi.
La violenza e la sofferenza sono ineliminabili in natura, vediamo di non aumentarle facendo danni anche a noi stessi.
Orrore N.2: il rapporto tra gli uomini, esemplificato in un mondo chiuso, il college di una facoltà universitaria belga.
Con la scusa della goliardia, utilizzata non per creare un clima di allegria giovanile, ma per mascherare la violenza vigliaccamente tollerata dalle istituzioni, un gruppo di studenti “anziani” prende il controllo dei nuovi arrivati, le cosiddette “matricole”.
Ci sono scene da film pulp: riti tribali di iniziazione e sottomissione al gruppo, vessazioni di ogni tipo.
La violenza dei prepotenti è accettata dalla società: le autorità fingono di non vederla, i genitori fingono di ignorarla. La dottoressa che ripara i danni causati dalle aggressioni ai più deboli non denuncia i violenti; i professori, rappresentati da un vecchio capellone, si preoccupano solo di livellare le competenze degli studenti. Secondo il professore la presenza di eccellenze è un problema: tutti devono essere portati allo stesso livello mediocre in quanto i più intelligenti mettono gli altri in difficoltà.
C’è una forte critica alla società autoritaria, fintamente libera, sostanzialmente accettata, nel college, anche dalle femministe. La sorella maggiore, Alexia, si ribella alla madre (la vera autorità in quella famiglia) ma si sottomette ai maschi “anziani” dell’università, fino a costringere la sorella minore, Justine, a subire le loro violenze.
I maschi o sono invertebrati come il padre delle due ragazze, o sono violenti come gli “anziani” dell’università, o sono deboli, vigliacchi e incapaci di difendersi, come le “matricole” inutilmente palestrate, che non si ribellano alle vessazioni degli “anziani” e non si organizzano per sbatterli con la testa contro il muro.
Nella seconda parte di Titane nasce e si sviluppa una visione positiva, si accende un po’ di luce; in Raw non c’è alcuna visione positiva, è tutto nero, buio pesto.
Costretta con la forza a mangiare la carne, che non aveva mai assaggiato prima, la ragazza prova un gusto particolare, un piacere che comincia a ricercare in maniera ossessiva.
Questa ricerca si sposta gradualmente verso la carne umana.
In questa società dominata dalla violenza nei confronti degli animali e dei più deboli non ci vuole niente perché l’aggressività si rivolga verso gli altri uomini, e, alla fine, verso se stessi.
Una società priva di valori si autodistrugge, letteralmente si mangia da sola. Scopriamo che in questa famiglia l’antropofagia è un male presente, al quale non c’è rimedio. In tutta la famiglia e, quindi, nell’intera società.
È un film complesso, che contiene molti temi, forse troppi.
Estremizzando ogni situazione, siamo imbarcati su una nave che porta sempre più lontano dalla realtà. Così lontano che la critica intravista – bullismo, machismo, rapporto aggressivo con gli animali, incapacità degli adulti e delle istituzioni, perdita di autorevolezza dei genitori e della funzione di guida della famiglia – si allontana anch’essa, sembra non abbia a che fare con la vita ma solo con gli incubi della regista o con la sua tendenza a strafare, a manipolare il materiale cinematografico. Ci troviamo a chiederci a che cosa sia servito tutto quel liquido colorato in rosso.
All’uscita dalla sala, o, a casa, alzandoci dalla poltrona un po’ stralunati, torniamo a riflettere. A me è sembrato che la regista si sia fatta prendere dalla sua capacità di manipolare le immagini cinematografiche e lungo la strada abbia dimenticato il motivo che l’ha spinta a mostrarci tanto orrore.