13 novembre 2023 h 17.30
Cinema Spazio Alfieri Firenze – via dell’Ulivo, 6
Temi
Suspense (alta tensione: thriller e/o horror)
// Doppia Pelle [Le Daim] // BlackBerry (thriller tecnologico) // Club Zero (horror alimentare) // Come pecore in mezzo ai lupi // Sanctuary (thriller psicologico) // Beau ha paura [Beau is afraid] // Cane che abbaia non morde [Barking dogs never bite] // Preparativi per stare insieme … (thriller psicologico) // L’ultima notte di Amore (noir metropolitano) // Holy Spider // M3GAN (thriller distopico) // Bones and All (horror cannibale) // Nido di vipere // L’homme de la cave [Un’ombra sulla verità] // La fiera delle illusioni // America Latina // Raw (horror cannibale) // Titane // Il sospetto [Jagten] // Favolacce // Notorious! (thriller H.) // Parasite // Il signor diavolo // The dead don’t die (gli zombie sono tornati) // Border: creature di confine // La casa di Jack // Gli uccelli [The birds] (horror H.) // L’albero del vicino //
Famiglia (genitori e figli)
// Dostoevskij // Quando tutto tornerà a essere come non è mai stato // Enea // Club Zero // Come pecore in mezzo ai lupi // Ritorno a Seul // Beau ha paura [Beau is afraid] // Miracle: Letters to the President // The Whale // Le vele scarlatte // The Fabelmans // Marcel! // True mothers // Una vita in fuga // One second // Cry Macho // È stata la mano di Dio // Madres paralelas // Raw // Titane // Tre piani // La terra dei figli // Favolacce // Tutto il mio folle amore // Un affare di famiglia // La stanza delle meraviglie // Lady Bird /e/ Puoi baciare lo sposo // Tre manifesti a Ebbing, Missouri //
Un caso limite di disordine alimentare.
Miss Novak è un’insegnante incaricata di un corso di “Alimentazione consapevole” in un liceo privato in Austria, una scuola dalla quale i genitori si aspettano molto in quanto pagano molto. La professoressa è stata scelta dagli stessi genitori su suggerimento di uno di loro, dopo una ricerca in rete.
Il corso è facoltativo, come altri che hanno lo scopo di intercettare o stimolare gli interessi più disparati degli allievi. Non è più il tempo di un unico poderoso programma su argomenti formativi che tutti devono approfondire. Nelle scuole si privilegia la navigazione superficiale tra i mille rivoli in cui è dispersa la cultura e, soprattutto, l’informazione mediata dai mezzi di comunicazione più popolari.
Cinque ragazzi si iscrivono, con motivazioni varie; si siedono in cerchio e la lezione comincia.
Miss Novak: «L’obiettivo che vogliamo raggiungere con questo corso non è solo teorico. Alla fine ciascuno di voi sarà convinto ad applicare nella vita i principi dell’alimentazione consapevole». La docente parla con tono rilassato, cosicché i discenti siano disponibili ad “assorbire” i concetti. La parola assorbire non è usata a caso; il seguito dimostra che è la parola giusta per descrivere l’obiettivo che Miss Novak ha in mente.
Gli studenti pongono domande appropriate; la professoressa risponde con garbo: chiarisce i dubbi, utilizza cartelli e schemi per aiutare i ragazzi a comprendere e a memorizzare i concetti esposti.
Miss Novak si dedica interamente all’insegnamento, non ha impegni al di fuori della scuola, accetta di fare lezione anche nei fine settimana, quando è più difficile organizzare l’orario. Sicuramente la preside, dopo un colloquio, pensa di lei: è preparata, disponibile, un buon acquisto per la scuola.
Miss Novak non si preoccupa solo di trasmettere concetti: si informa con discrezione della situazione emotiva degli adolescenti e colma con piccoli gesti il loro bisogno di affetto (ampi vuoti sono lasciati dalle famiglie). Nessuna intromissione, nessuna forzatura; solo il suo lavoro di insegnante e la sua umana solidarietà.
Tutto bene?
Vediamo.
I concetti introduttivi esposti dalla professoressa sono condivisi dalla maggior parte dei nutrizionisti. Sottolineo l’aggettivo “introduttivi”, non solo perché assistiamo alle prime lezioni, soprattutto perché manca il collegamento con biochimica e fisiologia, necessario per approfondire; il discorso consiste nella elencazione di notizie più o meno conosciute che circolano in rete. È la solita illusione della conoscenza fornita da una sola fonte: wikipedia.
I ragazzi non sono abituati a valutare le informazioni provenienti dall’ambiente, dalla rete e dagli stessi insegnanti. Non sono abituati ad applicare il metodo scientifico: accettare conclusioni (teorie) solo dopo un esame severo e approfondito. Questa superficialità – la solita “navigazione” tra news più o meno vere (true) o false (fake) e dati statistici di incerta origine – si paga con il passaggio dalla scienza al fanatismo quasi religioso che non trova resistenza nella docente e, di conseguenza, dei discenti. Il discorso scientifico diventa messaggio.
In sintesi la professoressa dice: nelle società ricche si mangia troppo; le industrie dell’alimentazione ci spingono con la pubblicità a introdurre nel nostro corpo quantità di cibo eccessive che causano danni: alla salute, all’ambiente. Mangiare, nelle società ricche, è diventato un riflesso condizionato sul quale lavorano le industrie che si arricchiscono con la produzione, la raffinazione, la presentazione, la vendita degli alimenti. Gli spazi televisivi più affollati hanno al centro la cucina. Gli spazi cittadini sono occupati da ristoranti, trattorie, tavolini, vetrine colme di dolciumi: tutti uguali, ugualmente attraenti, colorati.
Per interrompere l’automatismo (la fame indotta dalla pubblicità) Miss Novak suggerisce di fermarsi prima di ogni boccone, guardarlo con attenzione, respirare profondamente, concentrarsi sul gesto che si sta compiendo.
È ovvio che se ogni volta che si mangia, per ogni boccone, bisogna prodursi in questa tarantella, passa la voglia di mangiare. È ciò che Miss Novak vuole ottenere. Questa giovane signora, preparata, educata, di bell’aspetto, disponibile, ha una fede, crede che esistano verità assolute, verità trascendenti sulla nutrizione. Si accumulano gli indizi che portano a una conclusione: la professoressa Novak, nonostante le apparenze di persona tranquilla e ragionevole, è folle. La sua follia è rappresentata da un’immagine davanti alla quale prega in posizione yoga, in attesa del “miracolo”. I genitori hanno scelto come insegnante dei propri figli, la scuola ha accettato, una persona che ha una fede ed è intenzionata a fare proseliti, a diffondere un messaggio agendo sulla leva della suggestione.
Il film è un horror, non solo perché c’è una scena, una sola, che potrebbe disturbare chi ha lo stomaco sensibile (ha a che fare con il vomito), ma perché la regista è spietata nel mostrare l’orrore che spesso si nasconde dietro le apparenze: famigliole felici, case comode, materassi soffici, cuscini a forma di cuore, giardini, parole zuccherose, scuola efficiente, insegnamento personalizzato e finalizzato allo sviluppo delle attitudini di ciascun ragazzo, di ciascuna ragazza (a patto che la famiglia paghi la retta). Dietro le apparenze c’è il vomito: il rifiuto forte, fisico, disgustoso, delle finzioni che nascondono la manipolazione a cui i ragazzi, in una società ricca, sono sottoposti continuamente dagli adulti. I genitori vorrebbero trasformare i figli nel ritratto di se stessi, mentre in realtà, nascosti dietro finte certezze, sono gracili, egoisti, e, in definitiva, disperati.
Il ragazzo ammalato di diabete studia danza classica e forse è alla ricerca della sua identità sessuale. La famiglia lo considera un problema e preferisce che anche nel fine settimana rimanga nella scuola. Rimasto solo, intristito, il ragazzo trova, disponibile, miss Novak. Lei gli dà tempo e attenzione, lo porta a un concerto di musica classica.
Nelle famiglie nucleari alto borghesi le mamme sono impegnate a seguire la dieta vegana, la dieta chetogenica, la dieta fruttariana, la dieta paleolitica, la dieta dell’uomo di Neanderthal. I babbi sono persi nei “progetti”, nel lavoro, nella carriera. Non c’è tempo per i figli: ci deve pensare la scuola («altrimenti perché paghiamo la retta?»).
La mamma rimasta sola fa sacrifici per dare al figlio le possibilità che lei non ha avuto, per fargli frequentare un ambiente superiore; poi scarica sul cibo il bisogno di affetto e rimane delusa se il ragazzo non mangia tutto ciò che ha preparato per lui “con tanto amore”.
La professoressa si impegna a liberare i ragazzi dalle manipolazioni, dai ricatti degli adulti, ma a sua volta li manipola, li trascina nella sua follia.
La fede è la rinuncia al dubbio. Se si è disponibili alla fede basta un gruppo su un social per farsi trascinare. Basta una persona depressa accolta come insegnante, un esperto che si è formato su wikipedia, un vecchio scienziato in crisi. Alcuni vincitori di premi Nobel, come Watson e Messegué, da vecchi hanno detto grandi fesserie. Il riferimento non dev’essere ciò che ha dichiarato uno scienziato (per quanto apprezzato in passato), ma ciò che pubblica la comunità scientifica sulle riviste specializzate che eseguono i controlli.
I ragazzi, non educati a pensare con la propria testa, si lasciano sedurre da chi dimostra nei loro confronti l’affetto che le famiglie fanno mancare.
In un altro film importante (Lourdes, 2010) Jessica Hausner racconta un fenomeno religioso facendo risaltare il contrasto tra l’apparenza e la sostanza. Da una parte c’è il miracolo atteso da migliaia di fedeli, dall’altra ci sono le immaginette, le bottigliette a forma di Madonna, piene di “acqua della fonte”, a dieci euro l’una. A Lourdes il miracolo è venduto con lo sconto.
Anche miss Novak aspetta il miracolo: la salvezza degli eletti attraverso la rinuncia totale all’alimentazione. Non più alimentazione consapevole ma zero alimentazione. Lo aspetta e ci crede. Ci crede perché lo aspetta.
Solo pochi eletti, riuniti in un Club Zero, possono raggiungere questa condizione. I ragazzi iscritti al corso, affascinati dalla professoressa, chiedono e ottengono di seguirla.
Che cosa succede dopo? (Chi non sopporta il cosiddetto spoiler dovrebbe interrompere la lettura: sto per rivelare il finale).
I ragazzi e miss Novak spariscono, non si sa dove siano andati. Le famiglie li hanno persi.
Che fine hanno fatto? Il film, un horror psicologico con una sola scena “forte” (l’angoscia è costruita nella mente dello spettatore), è aperto a tutte le possibilità.
Come i bambini del racconto “Il pifferaio di Hamelin” i quattro ragazzi che hanno seguito Miss Novak potrebbero trovarsi nel mondo fantastico promesso da un quadro appeso alla parete, su cui la macchina da presa si ferma più volte. Potrebbero essere morti. I genitori, la preside e gli altri insegnanti sanno solo che sono scomparsi insieme alla professoressa.
Nella favola l’unico bambino che non è riuscito, perché claudicante, a seguire il pifferaio fino in fondo, a passare attraverso la montagna che si è aperta, è deluso e triste per essersi separato dagli altri bambini, per non avere raggiunto il mondo fantastico promesso dal suono del flauto.
Analogamente l’unica ragazza che non ha seguito Miss Novak perché il giorno prima della partenza del gruppo è stata portata dai genitori lontano dalla scuola, a sciare, sembra delusa, scontenta della sua condizione. È disperata perché ha dovuto rinunciare a un sogno, il Club Zero, un mondo privo della fatica di vivere (e di metabolizzare gli alimenti) nel quale tanti ragazzi, soprattutto ragazze, affetti/e da anoressia si rifugiano.
La sinossi del film potrebbe essere: l’anoressia come ricerca di perfezione e scelta mistica.
Un solo personaggio – tra genitori, professori, studenti, la preside – mi piacerebbe conoscere (se fosse reale): la cameriera sperduta in una famiglia alto borghese. La povera cameriera in guanti bianchi porge con la mano destra i piatti pieni di cibo tenendo la sinistra dietro la schiena e guarda perplessa gli infelici datori di lavoro impegnati in diete assurde: disprezzano il prodotto del lavoro umano. Disprezzano il desiderio di chi ha meno fortuna. La maggior parte del cibo finisce nella spazzatura.
Nota: Se dovessi presentare, da insegnante, il film a una classe di scuola superiore, concorderei con gli altri insegnanti e con il capo d’istituto (eventualmente ricorrendo all’aiuto dei tecnici) l’eliminazione di una scena, l’unica scena che potrebbe disturbare lo stomaco di un alunno o di un’alunna sensibile. Poi, alla fine, spiegherei la scelta ai ragazzi dicendo: «Non abbiamo tolto nulla al senso del film, sul quale si può avviare un’utile riflessione; abbiamo solo voluto evitare che qualcuno di voi si sentisse male».
Diverso è il discorso se il film fosse presentato in un centro per l’aiuto alle persone affette da anoressia. In questo caso non ci sarebbe nulla da censurare, anche perché chi ha vissuto questo disturbo alimentare ha conosciuto di persona situazioni peggiori o equivalenti a quella rappresentata nella scena “difficile”.